Non si concede pause, Alessio Mariotti, candidato alla
maturità scientifica al liceo Copernico di via Duca degli Abruzzi (nella
foto) e presidente della Consulta provinciale degli studenti. Con il ritmo
più intenso dei ripassi cerca di dare la risposta migliore al «blitz»
della terza prova anticipata a venerdì. E tuttavia non si rassegna
granchè.
«E’ la cosa peggiore che poteva capitarci - dice - perché ci è calata
sulla testa in modo pessimo e ci toglie qualche giorno in più per diluire
la preparazione». In questi giorni, ad esempio, lui si sarebbe
concentrato sulla seconda prova di matematica, «come i miei compagni del
classico si sarebbero dedicati alla versione di greco». Invece «dobbiamo
studiare tutto in una volta, anche le materie della terza prova che a
parte l’inglese sono un’incognita».
Non sarà facile. Da presidente della Consulta, dice di averne parlato
pure con Giuseppe Colosio. Ma il direttore del Csa ha potuto sono
ricordargli che la scelta dell’anticipo viene dal ministro della
Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni. Recriminare più di tanto non serve,
tuttavia, e Mariotti si prepara a un esame con pregi e difetti, ormai noto
nei suoi meccanismi.
Da un lato «portare tutte le materie è un bel problema perché rischi di
essere superficiale in tutte - osserva -, ma di positivo c’è che hai la
possibilità di metterti alla prova per scegliere meglio l’università».
Per questo la posta in gioco è alta, e lui la prende sul serio. «So che
ci saranno pochi bocciati - aggiunge - ma non ci si pensa, tutti quanti
studiamo molto in questi giorni».
C’è pure il vantaggio delle commissioni che conoscono i candidati, ma
anche qui Mariotti vede i «contro». L’esame di una commissione esterna
«avrebbe un altro valore - dice -, un 70 avuto da chi ti conosce o da
sconosciuti può avere un significato molto diverso».
Ad ogni modo, per arrivare in fondo bisogna prima superare lo scoglio del
secondo scritto, che fa paura. «I compiti d’esame di matematica sono
sempre più difficili delle verifiche fatte durante l’anno - sottolinea
lo studente - e la speranza è riuscire a passarci qualche informazione».
Se va bene, il «profe» darà qualche dritta, magari sarà disposto pure
a chiudere un occhio, ma «bisogna almeno salvare la forma e non copiare
in modo plateale». Insomma, si vedrà.Preferirebbe le commissioni esterne
del ministro Luigi Berlinguer (nella foto), che «almeno erano un
deterrente contro le situazioni di sanatoria». Ma tant’è, il
successore Moratti ha voluto così e «l’esame ha perso in qualità, ha
acquistato tutto un altro valore», dice Maurilio Lovatti, docente di
Filosofia al liceo Copernico. Che ora deve constatare con rammarico come
«le università non considerino più la maturità una selezione e l’abbiano
sostituita con i loro test d’ingresso».
Tutto per risparmiare qualche spicciolo. «Tra il ’98 e il 2000 sono
stato in commissione da esterno a Manerbio - precisa il professore - e mi
hanno rimborsato solo le spese di viaggio. Per spendere qualcosa di meno
hanno svilito l’esame».
E tuttavia qualcosa di positivo rimane. «Ho l’impressione - dice
Lovatti - che allo scientifico la seconda prova sia molto dura e richieda
sei ore di impegno notevole». Trova che il compito di matematica sia
davvero di alto livello, e «non so quanti in Europa propongano una prova
simile».
Certo, «si copia, si sorveglia poco - aggiunge -, ma se uno studente sa
fare bene il compito d’esame vuol dire che sta per lo meno alla pari con
i migliori paesi europei».
C’è solo quel «se» che finisce per rovinare tutto. L’esame sarà
difficile, ma quando si chiude un occhio o tutti e due l’affidabilità
si perde per strada e nessuno prende sul serio i risultati. Ciò
nonostante «proprio allo scritto di matematica il numero delle
insufficienze sale parecchio rispetto al tema d’italiano e alla terza
prova, segno che il compito resta comunque difficile».
E quest’anno ci sarà la complicazione in più degli scritti concentrati
tutti in tre giorni. «Per noi docenti va anche bene anticipare la terza
prova a venerdì - ammette Lovatti -, così finiamo un giorno prima, ma
per i ragazzi è una fonte di ansia in più».
Il ministro lo ha deciso, ma la scelta era tutt’altro che obbligata.
«La terza prova è preparata dalle commissioni e ognuna la fa in modo
diverso, perciò formalmente non era necessario che tutte le scuole la
facessero in contemporanea venerdì, gli istituti non sede di seggio
potevano benissimo mantenerla per lunedì 26».
In tal caso, però, le sedi di seggio sarebbero state più sfortunate
delle altre, e allora tutti nella stessa barca, a «fare i conti con
questo elemento nuovo», come dice Lovatti.
mi.va.
mi.va.
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Preferirebbe le commissioni esterne del
ministro Luigi Berlinguer (nella foto), che «almeno erano un deterrente
contro le situazioni di sanatoria». Ma tant’è, il successore Moratti
ha voluto così e «l’esame ha perso in qualità, ha acquistato tutto un
altro valore», dice Maurilio Lovatti, docente di Filosofia al liceo
Copernico. Che ora deve constatare con rammarico come «le università non
considerino più la maturità una selezione e l’abbiano sostituita con i
loro test d’ingresso».
Tutto per risparmiare qualche spicciolo. «Tra il ’98 e il 2000 sono
stato in commissione da esterno a Manerbio - precisa il professore - e mi
hanno rimborsato solo le spese di viaggio. Per spendere qualcosa di meno
hanno svilito l’esame».
E tuttavia qualcosa di positivo rimane. «Ho l’impressione - dice
Lovatti - che allo scientifico la seconda prova sia molto dura e richieda
sei ore di impegno notevole». Trova che il compito di matematica sia
davvero di alto livello, e «non so quanti in Europa propongano una prova
simile».
Certo, «si copia, si sorveglia poco - aggiunge -, ma se uno studente sa
fare bene il compito d’esame vuol dire che sta per lo meno alla pari con
i migliori paesi europei».
C’è solo quel «se» che finisce per rovinare tutto. L’esame sarà
difficile, ma quando si chiude un occhio o tutti e due l’affidabilità
si perde per strada e nessuno prende sul serio i risultati. Ciò
nonostante «proprio allo scritto di matematica il numero delle
insufficienze sale parecchio rispetto al tema d’italiano e alla terza
prova, segno che il compito resta comunque difficile».
E quest’anno ci sarà la complicazione in più degli scritti concentrati
tutti in tre giorni. «Per noi docenti va anche bene anticipare la terza
prova a venerdì - ammette Lovatti -, così finiamo un giorno prima, ma
per i ragazzi è una fonte di ansia in più».
Il ministro lo ha deciso, ma la scelta era tutt’altro che obbligata.
«La terza prova è preparata dalle commissioni e ognuna la fa in modo
diverso, perciò formalmente non era necessario che tutte le scuole la
facessero in contemporanea venerdì, gli istituti non sede di seggio
potevano benissimo mantenerla per lunedì 26».
In tal caso, però, le sedi di seggio sarebbero state più sfortunate
delle altre, e allora tutti nella stessa barca, a «fare i conti con
questo elemento nuovo», come dice Lovatti.
mi.va.
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Per una curiosa combinazione di
contingenze storiche, la maturità classica del filosofo Emanuele Severino
(nella foto) finì per somigliare all’esame voluto cinque anni fa dal
ministro Letizia Moratti. Almeno nella forma.
Era il 1946, e «si tornava a far la maturità dopo la sospensione dovuta
alla guerra», ricorda il filosofo bresciano. Era al collegio Arici, dove
aveva studiato pure Papa Montini, e «quell’anno arrivò da fuori solo
il presidente, tutti gli altri docenti erano della scuola».
Organizzare il complesso spostamento di migliaia di professori sarà stato
fuori portata, a un anno dalla Liberazione, e si decise di soprassedere.
Ma le affinità si esauriscono qui.
Nel collegio dei gesuiti il più importante degli esami si prendeva molto
sul serio, e Severino ricorda come fosse adesso di aver studiato per un
anno intero «tutti i giorni dalle due del pomeriggio alle otto di sera».
C’era l’obbligo di portare i programmi di tutti e tre gli anni del
liceo, e bisognava far la gobba sui libri. Tanto più che «avevo saltato
la prima e facevo tre anni in due per accorciare i tempi», ricorda. Gli
andò bene, anzi molto bene.
«Dopo aver studiato tanto ottenni un risultato molto bello - dice -, sono
uscito con la media del 9, avevo 9 in italiano, filosofia, storia, anche
in matematica che consideravo alternativa alla filosofia tanto che all’università
avrei scelto tra le due».
Poi decise per la filosofia, anche per merito di monsignor Zani che «mi
dava lezioni private e mi diede le basi della materia, insieme a mio
fratello maggiore che studiava alla Normale di Pisa».
Raccomanda ancora di ricordare la figura di monsignor Zani, considera la
sua memoria preziosa per la città. Ma non dimentica nemmeno i professori
che gli insegnarono equazioni e quant’altro. «In matematica e fisica -
dice - ho avuto due professori molto bravi, al ginnasio padre Palozzi e in
seconda e terza liceo padre Persico, entrambi indimenticabili».
Come indimenticabile resta l’atmosfera di «grande solennità» che
regnava nell’aula magna dell’Arici in occasione di quella prova
decisiva. Allora, tra l’altro, c’era poco da scegliere, e gli scritti
si facevano tutti.
Severino pensa in particolare alle versioni di latino e greco «non
facilissime». Erano altri tempi, allora, nonostante la curiosa
«modernità» di facciata.
mi.va.
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