Lo scopo della mia comunicazione è
fornire una rapida sintesi storica della ricezione delle teorie
dell'evoluzione da parte del pensiero cattolico italiano e della gerarchia
ecclesiastica. Immediatamente dopo, Ludovico Galleni dell'università di
Pisa tratterà lo stesso tema dal punto di vista teoretico e filosofico e
poi seguirà un unico dibattito su entrambe le relazioni. Pertanto
svilupperò la mia argomentazione solo sul piano storico, lasciando a
Ludovico il compito di approfondire i nodi problematici, riservandomi
eventualmente di tornarci dopo la discussione.
Il primo pensatore cattolico italiano di un certo rilievo che s'impegna a
difesa della teoria dell'evoluzione è senz'altro Antonio Fogazzaro. Egli
pubblica nel 1898 Ascensioni Umane (1) , che racchiude scritti dal 1891 al
1898, che costituiscono il frutto di una decina d'anni di studio
sistematico dell'evoluzionismo. Fogazzaro, oltre al francese, legge
perfettamente anche l'inglese e il tedesco e studia con meticolosità
tutti gli scritti scientifici più rilevanti del periodo. Val forse la
pena di ricordare che il romanzo Il santo (1905), nel quale tratta la
tematica della riforma della Chiesa da un punto di vista
"modernista", ebbe una notorietà europea, e non solo, poiché
fu tradotto in decine di lingue e posto all'indice l'anno successivo.
Fogazzaro non solo ritiene che la teoria dell'evoluzione sia compatibile
con la fede e le concezioni cristiane, ma è convinto che essa sia
indispensabile per intendere rettamente la creazione divina del cosmo.
La concezione dell'evoluzione che egli fa propria non è completamente
darwiniana e si differenzia dalla teoria dello scienziato inglese su un
solo, ma fondamentale aspetto: Fogazzaro ritiene che nelle mutazioni degli
esseri viventi che sono alla base della differenziazione delle specie
operi un'energia vitale che permea tutta la realtà.
Egli scrive: "la selezione è certo un procedimento della Natura ed
è glorioso per Darwin di averla scoperta; in questo campo dove si
combatte per l'unità genealogica della vita vi è gloria per tutti; ma la
selezione opera negli organismi dall'esterno, e come ammettere che nella
produzione di forme nuove una o più cause esterne abbiano avuto parte
maggiore che non la segreta potenza per la quale tutte le variazioni
s'iniziano? (…) ma quando (…) si vede uscire da una specie varietà
disuguali in circostanze uguali e varietà uguali in circostanze
disuguali, come si negherà che il principio della trasformazione è nello
stesso organismo vivente e che le cause esterne solamente lo stimolano e
lo dirigono?"(2)
Per Fogazzaro la teoria dell'evoluzione spiega adeguatamente anche
l'inizio della vita sulla terra, poiché "tutto induce a credere che
nel primo essere vivente si è soltanto manifestato un Principio che già
prima esisteva nella materia inorganica, e che le energie fisico-chimiche
sono fenomeni di una vita elementare, di un'animazione universale degli
atomi."(3)
Nelle leggi della natura che regolano il moltiplicarsi delle specie
durante l'evoluzione, vediamo "come in uno specchio, il lume
dell'Eterno che immutabile e fermo tutte le cose continuamente agita e
muta; e il divino disegno ci appare più manifesto nell'opera di creazione
continua, rappresentata da linee, che nell'opera di creazione
intermittente, rappresentata da punti".(4)
In breve per Fogazzaro l'evoluzione mostra l'opera continua di una
volontà intesa a produrre "intelligenza e amore".
L'enciclica Pascendi Gregis di Pio X del 1907 condanna l'eresia
modernista, accomunando in un'unica critica radicale posizioni filosofiche
e religiose anche molto diverse tra loro. La condanna senza appello delle
tesi di alcuni modernisti secondo i quali l'evoluzione storica delle
formule con cui si esprimono i dogmi è non solo un dato di fatto, ma
anche un valore ("Infinito cumulo di sofismi che abbatte e distrugge
ogni religione" nelle parole del Pontefice) comporta un deciso
rifiuto di tutte le concezioni dell'evoluzione in ogni campo del sapere.
La dottrina dell'evoluzione biologica viene quindi radicalmente rifiutata
come falsa e anticristiana per tutta la prima metà del XX secolo.
Una prima parziale apertura è attuata da Pio XII nel 1950. Nell'enciclica
Humani Generis (5) , dopo aver rilevato i pericoli dell'evoluzionismo
("Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell'ovile di
Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si
sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e
fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur
non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze
naturali, e con temerarietà sostengono l'ipotesi monistica e panteistica
dell'universo soggetto a continua evoluzione. Di quest'ipotesi volentieri
si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del
loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di
Dio") il Pontefice afferma la possibilità per i credenti di
esaminare e approfondire l'ipotesi evoluzionistica.
Scrive Pio XII: "il Magistero della Chiesa non proibisce che in
conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto
di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i
campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche
sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica
preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono
state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in
tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e
di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la
necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a
sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato
l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere
i dogmi della fede. Però alcuni oltrepassano questa libertà di
discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza
la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente,
valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui
medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non
vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e
cautela." Va sottolineato che il Papa ritiene che l'evoluzione sia
solo un'ipotesi da approfondire, ma che non rivesta ancora lo status di
teoria scientifica.
Giovanni Paolo II, il 26 aprile 1985 (6), nel discorso ai partecipanti al
simposio internazionale su "fede cristiana e teoria
dell'evoluzione", richiama esplicitamente la presa di posizione di
Pio XII nella Humani Generis e afferma esplicitamente che non vi sono
ostacoli per un credente ad insegnare rettamente la dottrina
dell'evoluzione, poiché questa "presuppone la creazione; la
creazione si pone nella luce dell'evoluzione come un avvenimento che si
estende nel tempo - come una "creatio continua" - in cui Dio
diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del Cielo e della
terra".
Giovanni Paolo II precisa però, che al di là dello stretto ambito di
pertinenza della biologia, si è consolidata nella cultura contemporanea
una "immagine evoluzionistica" che, andando molto oltre i
"fondamenti naturalistici", pretende non solo di spiegare
l'origine dell'uomo, ma "nell'accezione più estesa, di ricondurre
tutti i fenomeni spirituali inclusa la morale e la religione al
modello-base dell'"evoluzione" a partire dal quale vengono
contemporaneamente circoscritti la loro funzione e i loro limiti." E
conclude: " Il problema centrale della fede è sempre quello della
ricerca della verità. Bisogna dunque chiedersi anche qui quale contenuto
di verità ed eventualmente quale collocazione vada attribuita alle teorie
scientifiche che dovrebbero sostenere e motivare la filosofia spesso
presentata in maniera divulgativa, la quale viene inserita nella
conoscenza naturalistica o sviluppata in seguito ad essa. È evidente che
questo problema grave e urgente non può essere risolto senza filosofia.
Spetta proprio alla filosofia sottoporre a un esame critico la maniera in
cui i risultati e le ipotesi vengono acquisiti, differenziare da
estrapolazioni ideologiche il rapporto tra teorie e affermazioni singole,
la collocazione delle affermazioni naturalistiche e la loro portata, in
particolare il contenuto proprio delle asserzioni naturalistiche."
Nell'udienza generale del 29 gennaio 1986, il Sommo Pontefice ricordava
con precisione quali debbano essere considerati i capisaldi dottrinali
della concezione cristiana, che come tali non possono entrare in
contraddizione con l'interpretazione dei risultati emergenti dalla
biologia: "1) Dio ha creato il mondo da solo. La potenza creatrice
non è trasmissibile: "incommunicabilis"; 2) Dio ha creato il
mondo di propria volontà, senza alcuna costrizione esteriore né obbligo
interiore. Poteva creare e non creare; poteva creare questo mondo o un
altro; 3) Il mondo è stato creato da Dio nel tempo, quindi esso non è
eterno: ha un inizio nel tempo; 4) Il mondo creato da Dio è costantemente
mantenuto dal Creatore nell'esistenza. Questo "mantenere" è, in
un certo senso, un continuo creare ("Conservatio est continua
creatio"). Da quasi duemila anni la Chiesa professa e proclama
invariabilmente la verità che la creazione del mondo visibile e
invisibile è opera di Dio, in continuità con la fede professata e
proclamata da Israele, il popolo di Dio dell'antica alleanza. La Chiesa
spiega e approfondisce questa verità, utilizzando la filosofia
dell'essere e la difende dalle deformazioni che sorgono di quando in
quando nella storia del pensiero umano.
Una svolta significativa avviene col discorso di Giovanni Paolo II ai
membri della Pontificia Accademia delle Scienze, riuniti in Assemblea il
22 ottobre 1996. Egli supera le affermazioni di Pio XII che nell'enciclica
Humani generis considerava la dottrina dell'evoluzionismo un'ipotesi
seria, ma pur sempre un'ipotesi, e afferma: "Oggi, circa mezzo secolo
dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non
considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. E' degno di
noia il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta
all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte
nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né
provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni
dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di
questa teoria". Quindi il Papa riconosce la dottrina dell'evoluzione
non più come un'ipotesi, ma come una teoria. Tuttavia alcune
significative precisazioni sono aggiunte. Continua il Papa: "A dire
il vero, più che della teoria dell'evoluzione, conviene parlare delle
teorie dell'evoluzione Questa pluralità deriva da un lato dalla
diversità delle spiegazioni che sono state proposte sul meccanismo
dell'evoluzione e dall'altro dalle diverse filosofie alle quali si fa
riferimento. Esistono pertanto letture materialiste e riduttive e letture
spiritualistiche. Il giudizio è qui di competenza propria della filosofia
e, ancora oltre, della teologia ". In altre parole il Papa afferma
che non tutte le teorie evolutive sono accettabili, non per i dati che
vengono elaborati dalla teoria, ma dall'interpretazione che ne forniscono,
che talvolta si serve di categorie filosofiche che negano la dignità
dell'uomo. Egli, infatti, ricorda come "il magistero è direttamente
interessato alla questione dell'evoluzione, poiché questa concerne la
concezione dell'uomo, del quale la Rivelazione ci dice che è stato creato
ad immagine e somiglianza di Dio. (...) L'uomo è la sola creatura che Dio
abbia voluto per se stesso." In altri termini, l'individuo umano non
deve essere subordinato come un puro mezzo o come un mero strumento né
alla specie né alla società; egli ha valore per se stesso, è una
persona: "le teorie dell'evoluzione che, in funzione delle filosofie
che le ispirano, considerano Io spirito come emergente dalle forze della
materia viva o come un semplice epifenomeno di questa materia, sono
incompatibili con la verità dell'uomo. Esse sono incapaci di fondare la
dignità della persona. (…)
Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi
a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle
ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica? La
considerazione del metodo utilizzato nei diversi ordini del sapere
consente di conciliare due punti di vista apparentemente inconciliabili.
Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore
precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella
linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è
oggetto di una osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a
livello sperimentale una serie di segni molto preziosi sulla specificità
dell'essere umano."
Questa impostazione nel rapporto tra scienza e Rivelazione si pone come un
aspetto particolare del più ampio tema del rapporto tra fede e ragione
che Giovanni Paolo II svilupperà ampiamente nell'enciclica Fides et Ratio
del 1998. Il punto di partenza è dato dalla convinzione, consolidata sin
dal pensiero filosofico medioevale, secondo la quale fede e ragione non
possono mai contraddirsi, perché entrambe vengono da Dio. La verità,
sostiene il Pontefice, non può essere che una sola: "la Rivelazione,
con i suoi contenuti, non potrà mai umiliare la ragione nelle sue
scoperte e nella sua legittima autonomia; per parte sua, però, la ragione
non dovrà mai perdere la sua capacità d'interrogarsi e di interrogare,
nella consapevolezza di non potersi ergere a valore assoluto ed esclusivo.
La verità rivelata, offrendo pienezza di luce sull'essere a partire dallo
splendore che proviene dallo stesso Essere sussistente, illuminerà il
cammino della riflessione filosofica."(7)
Anche se nell'economia dell'enciclica il riferimento alla ragione è
sviluppato in particolare per quanto attiene alla filosofia, il punto di
vista fatto proprio dal Papa si applica correttamente anche alle scienze
naturali, come a qualsiasi risultato conoscitivo che l'uomo può ottenere
mediante l'uso corretto delle proprie facoltà razionali.
Questa linea di pensiero è sviluppata con particolare riferimento alla
scienze da un documento della Commissione teologica internazionale del
2002, dedicato al tema "La persona umana creata a immagine di
Dio", frutto di due anni di discussioni tenutesi a Roma dal 2000 al
2002. Il documento, predisposto dal domenicano p. Joseph Augustine Di
Noia, dal vescovo mons. Jean-Louis Bruguès, da mons. Anton Strukelj, dal
p. Tanios Bou Mansour dell'Ordine Libanese Maronita, da don Adolphe
Gesché, dal vescovo mons. Willem Jacobus Eijk, dai gesuiti p. Fadel
Sidarouss e p. Shunichi Takayanagi, dopo l'approvazione della commissione
è stato sottoposto al suo Presidente, il card. J. Ratzinger, allora
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale ha dato
la sua approvazione per la pubblicazione.
In questo documento si trovano, in relazione all'approfondimento del
concetto stesso di creazione, riferimenti espliciti alla teoria biologica
dell'evoluzione. Scrivono i teologi: "Nell'avere voluto liberamente
creare e conservare l'universo, Dio vuole attivare e sostenere tutte
quelle cause secondarie la cui attività contribuisce al dispiegamento
dell'ordine naturale che egli intende produrre. Attraverso l'attività
delle cause naturali, Dio provoca il verificarsi di quelle condizioni
necessarie alla comparsa e all'esistenza degli organismi viventi e,
inoltre, alla loro riproduzione e differenziazione. Nonostante che sia in
corso un dibattito scientifico sul grado di progettualità o
intenzionalità empiricamente osservabile in questi sviluppi, essi hanno
de facto favorito la comparsa e lo sviluppo della vita. I teologi
cattolici possono vedere in un tale ragionamento un sostegno alle
affermazioni derivanti dalla fede nella divina creazione e nella divina
Provvidenza. Nel disegno provvidenziale della creazione, il Dio uno e
trino ha voluto non solo creare un posto per gli esseri umani
nell'universo, ma anche, e in ultima analisi, riservare ad essi uno spazio
nella sua stessa vita trinitaria. Inoltre, operando come cause reali anche
se secondarie, gli esseri umani contribuiscono a trasformare e a dare una
nuova forma all'universo" (par. 68).
E ancora: "L'attuale dibattito scientifico sui meccanismi
dell'evoluzione sembra talvolta partire da un'errata concezione della
natura della causalità divina e necessita quindi di un commento
teologico. Molti scienziati neodarwinisti, e alcuni dei loro critici,
hanno concluso che se l'evoluzione è un processo materialistico
radicalmente contingente, guidato dalla selezione naturale e da variazioni
genetiche casuali, allora in essa non può esserci posto per una
causalità provvidenziale divina. Una compagine sempre più ampia di
scienziati critici del neodarwinismo segnala invece le evidenze di un
disegno (ad esempio, nelle strutture biologiche che mostrano una
complessità specifica) che secondo loro non può essere spiegato in
termini di un processo puramente contingente, e che è stato ignorato o
mal interpretato dai neodarwinisti. Il nocciolo di questo acceso dibattito
concerne l'osservazione scientifica e la generalizzazione, in quanto ci si
domanda se i dati disponibili possono far propendere a favore del disegno
o del caso: è una controversia che non può essere risolta attraverso la
teologia. È tuttavia importante notare che, secondo la concezione
cattolica della causalità divina, la vera contingenza nell'ordine creato
non è incompatibile con una Provvidenza divina intenzionale. La
causalità divina e la causalità creata differiscono radicalmente in
natura e non soltanto in grado. Quindi, persino l'esito di un processo
naturale veramente contingente può ugualmente rientrare nel piano
provvidenziale di Dio per la creazione" (par. 69).
Questa appariva, quattro anni fa, come la conclusione consolidata di una
decennale riflessione della Chiesa cattolica sulla teoria dell'evoluzione
iniziata da Pio XII.
Nell'agosto di quest'anno (2006) invece un intervento dell'arcivescovo di
Vienna, cardinale Christoph Schonborg al Meeting di Comunione e
Liberazione a Rimini, riapriva il dibattito sul rapporto tra teoria
dell'evoluzione e teologia cristiana. Il cardinale Schonborg sostiene che
secondo l'immagine cristiana del mondo, la consapevolezza dell'origine
evolutiva molto complessa del cosmo non deve nascondere alla ragione il
disegno, la finalità e il progetto "insiti nella natura. Egli
sostiene che, sulla base delle risultanze scientifiche, non solo non è
necessario, ma è insensato e irragionevole vedere questo lungo processo
evolutivo guidato dal puro caso.
Il Cardinale nega qualsiasi conflitto tra Chiesa e scienza e critica sia
il creazionismo, diffuso soprattutto nel protestantesimo americano, sia il
darwinismo ideologico e le interpretazioni materialistiche della teoria
dell'evoluzione.
In seguito alla presa di posizione del cardinale Schonborg si sono
susseguiti sulla stampa cattolica molteplici interventi spesso molto
eterogenei tra loro.
Schematizzando, e semplificando drasticamente, si può affermare che siano
presenti due tendenze contrapposte. Una minoranza di intellettuali
cattolici insiste sulle difficoltà irrisolte della teoria di Darwin, che
non considera scientificamente provata e simpatizza con l'Osaka Group for
the Study of Dynamic Structuralism fondato da Atuhiro Sibatani e a cui
aderiscono scienziati come Antonio Lima de Faria, Gerry Webster e Brian
Goodwin e, in Italia Giuseppe Sermonti, o con posizioni radicalmente
critiche, come quelle del fisico Antonio Zichichi.
La maggioranza invece vorrebbe consolidare e rendere più condiviso il
punto di vista espresso da Giovanni Paolo II nel discorso alla Pontificia
Accademia del 1986.
E' noto che l'attuale pontefice Benedetto XVI ha riunito nel mese di
settembre un gruppo di scienziati e filosofi per discutere di questi
argomenti, ma le conclusioni di questo confronto non sono state ancora
rese note. Non sono quindi in grado di dire se la posizione ufficiale
della Chiesa cattolica su questo tema è destinata a modificarsi su
qualche aspetto rilevante nel breve periodo.
Lascio ora la parola a Ludovico Galleni dell'università di Pisa.
Sora, 28 ottobre 2006
NOTE:
A. Fogazzaro, Ascensioni umane: teoria dell'evoluzione e filosofia
cristiana, (1898) a cura di P. Rossi, Longanesi, Milano 1977
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