Come sta la
giustizia sociale in Italia?
Il corpo
sociale è ancora piuttosto... malato: disoccupazione (soprattutto
giovanile) a livelli ancora preoccupanti, forte aumento delle povertà,
fragilità del tessuto familiare e comunitario, bisogni sociali in aumento.
Insomma una situazione da allerta: il corpo sociale va curato con una nuova
attenzione, il giusto vaccino sociale deve essere ancora messo a punto,
però c'è anzitutto una questione generale, bisogna lavorare per una più
sana e robusta costituzione. Il PNRR dovrebbe esattamente fare questo:
rafforzare, implementare, rinvigorire il Paese. Un Paese più sano e più
robusto affronta meglio anche i processi negativi, le negatività.
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Prendiamo il lavoro, ad
esempio. Cosa bisognerebbe fare? Come potrebbe rafforzare il Paese?
Le cose da fare sono quelle previste dal PNRR, a partire dalle politiche
attive del lavoro. Questo anzitutto significa formazione al lavoro – non
una formazione puramente teorica ma sul campo, esperienziale, duale – per
ridurre il disallineamento tra titoli di studio ed esigenze del mondo del
lavoro. In Italia siamo nella incredibile situazione di avere titoli di
studio anche alti che non trovano occupazione e richiesta di mestieri e
lavori che rimane inevasa perché non si trova nessuno qualificato per
accettare. A parte certi mestieri, c'è anche un problema generale di
competenze: per esempio mancano le competenze digitali, che oggi sono
indispensabili. Chiunque è disoccupato, oltre a ricevere un assegno per il
proprio mantenimento, deve frequentare un corso per trovare quanto prima un
lavoro di quelli disponibili. È positivo anche incentivare l'impresa
giovanile e femminile e in generale tutta l'impresa: senza impresa non ci
sono posti di lavoro e quindi... Per questo è bene rendere più efficienti
anche le infrastrutture materiali – come le strade, le ferrovie, la
burocrazia – o immateriali, come il wifi. In un Paese che aumenta i
lavoratori in smart working, non è possibile avere zone d'Italia dove il
wifi è debole o lento: e questo vale sia per il lavoro sia per la scuola o
la pubblica amministrazione. Il lavoro è la gran questione di questi anni.
Dobbiamo tornare con la mente agli anni Cinquanta, a quando l'Italia ha
compiuto uno scatto per crescere e migliorare la vita di tutte le persone e
le famiglie, è quello lo spirito da recuperare, la volontà di dare un
futuro al Paese, che in realtà – per ognuno di noi – è il desiderio di
dare un futuro ai propri figli. Se non creiamo lavoro, il rischio povertà
aumenta.
Ecco appunto, parliamo di povertà: il Reddito di cittadinanza è
sufficiente? Qualcuno chiede di abolirlo, si dice che aumenti la voglia di
stare sul divano, tanto lo Stato i soldi li dà lo stesso...
In tutti i casi serve uno strumento di contrasto alla povertà. Tutti i
Paesi d'Europa hanno uno strumento per combattere la povertà. L'Italia e la
Grecia lo hanno introdotto per ultime. Noi, con l'Alleanza contro la
povertà, abbiamo lavorato con Governo e Parlamento per 4 anni e alla fine
è stato introdotto il Reddito di inclusione. Il Rei aveva due gambe, la
prima costituita da un assegno, un sussidio monetario; la seconda costituita
da una serie di servizi per re-includere la persona o la famiglia: servizi
per il lavoro o socio-assistenziali. Il Rei è stato poi spazzato via dal
Reddito di cittadinanza, che non è esattamente la stessa cosa e punta di
più sul lavoro, sui centri per l'impiego. Questa parte sul lavoro, però,
è stata quella che ha funzionato di meno. È vero che c'è stata la
pandemia che ha ridotto e modificato il lavoro in Italia. Allora, proprio
per questo, occorrerà fare un tagliando anche al Reddito di cittadinanza,
perché anche questa parte deve funzionare meglio. Si tenga però presente
che molti di coloro che sono in condizioni di povertà non possono proprio
lavorare, perché si tratta di persone con disabilità mentali o fisiche che
rendono impossibile ogni attività lavorativa. L'idea che la povertà si
risolva solo col lavoro è falsa, è parziale, non spiega molte situazioni.
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Però
poi ci sono i cosiddetti “furbetti” del Reddito di cittadinanza....
Purtroppo ci sono, non sono molti ma ci sono. Occorre assolutamente
rafforzare i controlli. Ma questo è un discorso più vasto, perché vale
per molte altre situazioni, dai falsi invalidi ai falsi poveri, quelli che
non dichiarano il loro reddito. L'Italia è piena di... dichiarazioni così.
È un problema molto grave, perché ha riflessi anche sul fisco, sulla
pressione fiscale.
Concludendo, qual è il vaccino per contrastare efficacemente la
fragilità sociale?
Serve lavorare su un doppio binario. Il primo binario sono le politiche
attive di cui abbiamo detto. Il secondo è costituito dalle politiche
passive, ossia erogare sussidi monetari adeguati per consentire alle persone
di vivere, di ri-formarsi o di essere re-inclusi. Fammi dire che in questo
scenario lo Stato è fondamentale per l'erogazione dei sussidi, ma poi
occorre dare strumenti ai Comuni per offrire servizi utili di assistenza
sociale. Sempre più, in futuro, il ruolo dei Comuni sarà decisivo. A
Brescia abbiamo una grande tradizione di efficacia ed efficienza dei servizi
sociali, occorrerà saperla rinnovare ai tempi difficili che abbiamo
davanti. Brescia è sempre stata un laboratorio di buone prassi sociali:
tocca anche al laboratorio-Brescia contribuire a trovare il giusto vaccino
sociale.
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