Il
circolo ACLI di Chiesanuova, nei mesi di gennaio e febbraio, ha promosso un
ciclo di incontri formativi per presentare l'esperienza e la vita di alcuni
testimoni emblematici del laicato cattolico impegnati nella politica o
nell'ambito sociale e professionale, che non si sono lasciati tentare dallo
scoraggiamento o dal disimpegno. Nel numero precedente del Cantiere abbiamo
ricordato Giorgio La Pira e Achille Grandi. Qui concludiamo con Laura
Bianchini e Rosario Livatino.
Laura Bianchini (1903 - 1983)
La
bresciana Laura Bianchini è stata una delle pochissime donne, solo 21 su
556 deputati, elette nel 1946 all'Assemblea Costituente e quindi ha
contribuito a scrivere la nostra Costituzione. Laureata in filosofia
all'università cattolica di Milano, partecipa attivamente alla FUCI e poi
insegna storia e filosofia al liceo classico Arnaldo, fino a diventare
Preside dell'Istituto magistrale Gambara.
Durante la Resistenza (1943-45) collabora con il giornale clandestino Brescia
libera e poi dal 1944 con Il Ribelle (scrivendo 13 articoli con
gli pseudonimi Don Chisciotte, Penelope e Battista) e nel gennaio 1944 entra
in clandestinità, si rifugia dalle Suore delle Poverelle di Milano per
sfuggire alla cattura dei fascisti e fa parte delle Fiamme Verdi.
Durante il periodo della Costituente (1946-48) entra nella comunità del
Porcellino, collaborando con Dossetti, Fanfani, Lazzati, La Pira, e
altri illustri esponenti cattolici eletti nell'Assemblea. Il gruppo guidato
da Dossetti costituiva l'orientamento di sinistra della Democrazia
Cristiana, che proponeva profonde riforme sociali basate sui valori
cristiani per ridurre le disuguaglianze sociali e che non accettava il
liberismo economico proposto da Einaudi e in gran parte fatto proprio
da De Gasperi e dai successivi governi centristi.
All’Assemblea Costituente interviene ripetutamente soprattutto sui
problemi della scuola e della donna, e in generale sul titolo II della prima
parte della Costituzione (rapporti etico-sociali).
Eletta deputato alla Camera nella Prima legislatura (1948-53), presenta 9
progetti di legge (nei settori scuola, edilizia popolare e separazione dei
Comuni) e pronuncia 21 interventi in Aula. Nel 1953 la DC bresciana decide
di non ricandidarla alla Camera perché nella circoscrizione elettorale
Brescia Bergamo la presenza della componente dossettiana era molto scarsa e
ininfluente. Torna così all'insegnamento della filosofia e della storia al
liceo classico Virgilio di Roma fino alla pensione (1973).
Il suo pensiero si è sempre ispirato al personalismo cristiano e alle opere
del filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973), in particolare a Umanesimo
Integrale (1936). Il pensiero di Maritain rappresenta un formidabile
strumento che ci aiuta ad interpretare il mondo moderno alla luce della
fede, evitando ogni condanna generalizzata della modernità e cercando di
cogliere i frammenti di verità sparsi nella cultura contemporanea, che
spesso nega o ignora la trascendenza. Purtroppo prima del Concilio, la
filosofia di Maritain era avversata e condannata da molti esponenti
tradizionalisti della gerarchia ecclesiastica. Paolo VI invece ha
riabilitato Maritain, che considerava un maestro, fino a consegnarli
personalmente il messaggio del Concilio agli uomini di cultura e di scienza.
Laura Bianchini, invece, fin dagli Anni Quaranta ha studiato e difeso
profeticamente il pensiero di Maritain, a cui si è sempre ispirata.
Maurilio Lovatti
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Rosario Livatino (1952 - 1990)
Rosario
Livatino nasce a Canicattì il 3 ottobre 1952. A 22 anni si laurea in
Giurisprudenza a Palermo, con il massimo dei voti, e dopo una breve
parentesi di lavoro con la Regione Siciliana, vince il concorso di
magistratura che lo porterà prima a Caltanissetta quindi ad Agrigento.
Qui si occuperà di delicate indagini antimafia, contrastando l’organizzazione
criminale della Stidda, e degli intrecci corruttivi con la politica locale,
che colpì con grande efficacia grazie all’utilizzo di confische e
sequestri quali strumenti idonei ad interrompere l’economia sommersa e
parallela tipica della criminalità organizzata.
Dal carattere schivo e riservato, con poche concessioni alle esternazioni
pubbliche, ha tenuto due importanti discorsi che ne delineano il pensiero:
"Il ruolo del Giudice in una società che cambia" del 7 aprile
1984 e "Fede e diritto" del 30 aprile 1986. Emerge nei testi l’assoluto
rigore, la centralità della persona, anche se condannata per reati
gravissimi, e la profonda spiritualità cristiana che ispira la sua azione.
In particolare, Livatino si è a lungo interrogato sul rapporto tra la
giustizia “terrena” e la fede, ritenendo che la prima, ancorché
evidentemente necessaria, non fosse esaustiva della “legge della carità”
scritta nei Vangeli.
Rosario Livatino fu ucciso, in un agguato mafioso, la mattina del 21
settembre 1990 sul viadotto Gasena lungo la SS 640 Agrigento-Caltanissetta
mentre - senza scorta e con la sua Ford Fiesta amaranto - si recava in
Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al
supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i
mandanti che sono stati tutti condannati, in tre diversi processi nei vari
gradi di giudizio, all'ergastolo con pene ridotte per i collaboratori di
giustizia. Probabilmente, come molte altre vittime mietute tra le fila dei
magistrati, Livatino venne eliminato per la sua rettitudine rigorosa che lo
rendeva ininfluenzabile alle pressioni economiche e politiche.
Morto a soli 38 anni, viene definito da Nando Dalla Chiesa, figlio
del generale Carlo Alberto e impegnato nelle battaglie contro le mafie, “il
giudice ragazzino”, in polemica con una infelice espressione dell’allora
Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che in un più ampio e
provocatorio intervento sulla magistratura sembrò riferirsi proprio al
giovane magistrato (circostanza poi smentita e chiarita dallo stesso Cossiga).
Nella sua storica visita in Sicilia, Papa Giovanni Paolo II ha
definito Rosario Livatino “un martire della giustizia, e, indirettamente,
della fede”; è venerato dalla Chiesa come Servo di Dio; la Diocesi di
Agrigento ha formalmente avviato nel 2011 il processo per la beatificazione,
a conclusione di un percorso iniziato nel 1993.
Roberto Omodei
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