L'enciclica
Laudato Sì di papa Francesco non è passata inosservata. Ha scosso
le coscienze e comincia a produrre conseguenze. Non ultima la decisione del
presidente Obama di dare la priorità alla battaglia sul clima nell'ultimo
periodo della sua presidenza.
Nel primo capitolo dell'enciclica, pubblicata lo scorso giugno, papa
Francesco traccia un quadro realistico e allarmato ad un tempo sulla
situazione del pianeta. Il pontefice descrive i gravi mutamenti climatici in
atto a causa del riscaldamento globale, il problema della scarsità
dell'acqua soprattutto per i più poveri, la grave perdita delle
biodiversità in atto, gli effetti dell'inquinamento, il deterioramento
della qualità della vita umana e la degradazione sociale che si diffonde.
Insiste sul fatto che le reazioni a questa situazione, sia della politica,
sia della cultura, sono troppo deboli, del tutto inadeguate alla gravità
della situazione. Afferma: "Non si è ancora riusciti ad adottare un
modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le
future generazioni, e che richiede di limitare al massimo l'uso di risorse
non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l'efficienza dello
sfruttamento, riutilizzare e riciclare." (n. 22).
Il secondo capitolo dell'enciclica approfondisce il significato dalla natura
che emerge dalla Bibbia. Secondo Francesco il pensiero ebraico cristiano da
un lato valorizza la natura come opera della creazione divina, ma dall'altro
la "demitizza", poiché "senza smettere di ammirarla per il
suo splendore e la sua immensità, non le ha più attribuito un carattere
divino" (78). L'uomo può modificarla con la scienza e la tecnica (che,
come la ragione umana, sono doni di Dio), ma senza violarla, cercando di
consegnarla integra alle future generazioni.
I capitoli quarto e quinto forniscono alcune linee d'orientamento e
d'azione. Particolarmente significativo mi sembra l'affermazione perentoria
dello stretto legame tra economia e salvaguardia del creato. Scrive
Francesco: "Non ci sono due crisi separate, una ambientale e l'altra
sociale". La soluzione richiede "un approccio integrale per
combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e nello stesso
tempo per prendersi cura della natura" (139). E ancora: "Pace,
giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto
connesse" (92).
Qual è però la visione economico-sociale di papa Francesco? Da un lato
egli è fortemente critico verso ogni forma di liberismo in economia. Già
nella Evangelii Gaudium (n. 54) aveva esplicitamente criticato il
"principio della ricaduta favorevole", cioè la falsa tesi
sostenuta da alcuni economisti, secondo cui ogni crescita economica favorita
dal libero mercato riuscirebbe di per sé a produrre una maggiore equità e
vantaggi per tutti, anche per i più poveri. Egli pensa che sia la politica
a dover governare l'economia indirizzandola al bene comune e non viceversa.
D'altro lato, ovviamente, il Papa non è marxista, cioè non pensa che una
società giusta debba presupporre l'abolizione della proprietà privata dei
mezzi di produzione.
In positivo quale linee propone il Pontefice per riformare l'economia? Il
principio base è quello sul quale aveva ripetutamente insistito Giovanni
Paolo II, e cioè la subordinazione della proprietà privata alla
destinazione comune dei beni (93) Inoltre dalla Laudato sì possiamo
ricavarne almeno quattro proposte più specifiche.
1) La liberazione dal "paradigma tecnocratico" (106-114). Un
cambiamento di mentalità che superi la frammentazione del sapere dovuta
all'iperspecializzazione delle tecniche e renda consapevoli che è
necessario impedire che, come negli ultimi anni, la finanza soffochi
l'economia reale. Non si può coltivare l'idea di una crescita illimitata,
perché ciò suppone "la menzogna circa la disponibilità infinita dei
beni del pianeta".
2) Il rafforzamento dei poteri degli organismi internazionali per imporre
regole comuni (164).
3) La consapevolezza del maggior dovere dei pubblici poteri di intervenire
nell'economia per indirizzarla verso il bene comune (129).
4) Intervenire sull'educazione per favorire la "conversione
ecologica" e comportamenti individuali improntati alla responsabilità
ambientale anche nelle "piccole azioni quotidiane", come
differenziare i rifiuti, evitare sprechi di cibo, acqua ed energia, usare
l'automobile solo per necessità. E' meraviglioso, scrive il papa, che
l'educazione sia capace di motivare queste scelte "fino a dar forma ad
uno stile di vita" (211-212). L'ultimo capitolo, il sesto, è infatti
totalmente dedicato all'importanza dell'educazione ambientale, che è
compito primario, oltre che della famiglia e della scuola, anche delle
comunità ecclesiali.
Scrive il Papa: "Alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera,
con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe
delle preoccupazioni per l'ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a
cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti" (217).
Ovviamente l'enciclica è molto più ricca e complessa di quanto si possa
scrivere in poche righe. L'unico consiglio che si può dare è leggerla e
meditarla!
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