Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, luglio 2023, pag. 18-19

 

Un viaggio a ritroso nel tempo. In occasione di Bergamo e Brescia capitali della cultura, nel corso del 2023 Battaglie Sociali propone quattro puntate per esemplificare come Brescia possieda opere d'arte e beni culturali appartenenti alle diverse epoche storiche. Cerchiamo di dare il nostro contributo per valorizzare molti tesori che gli stessi bresciani tendono a sottovalutare o addirittura non conoscono.

 

 

La pittura del Rinascimento a Brescia

 

Maurilio Lovatti

 

 

Vincenzo Foppa nel 1490 torna Brescia, la sua città natale, dopo un soggiorno di oltre 30 anni a Pavia, nel Ducato di Milano. Il grande pittore, precursore e maestro del Rinascimento lombardo, ormai sessantenne, era al colmo della sua fama, e il Comune di Brescia lo aveva nominato “pittore della città” con uno stipendio annuo garantito. Era un grande onore e il giusto riconoscimento per la sua opera. Una sorta di “premio alla carriera”, diremmo oggi.
Gli anni della vecchiaia di Foppa a Brescia sono di fatto l'inizio del periodo di maggior splendore della pittura bresciana, i cui massimi esponenti sono Giovanni Girolamo Savoldo (1480 circa – 1548), il Romanino (1485 circa – 1566) e il Moretto (1495 circa – 1544).
La pittura nel Rinascimento ha raggiunto livelli altissimi in tutta Italia (basti pensare a Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Tiziano, che come tutti sanno sono tra i più famosi pittori al mondo).
Tuttavia il caso bresciano è rilevante per almeno due motivi. In primo luogo Brescia non era la capitale di uno Stato regionale, come Roma, Milano, Firenze o Venezia dove operano i maggiori artisti. Inoltre nei primi anni del Cinquecento Brescia vive un periodo difficilissimo. La sconfitta dei veneziani nella battaglia di Agnadello (1509) aveva comportato l'occupazione della città da parte dei francesi. Tre anni dopo, il gravissimo Sacco di Brescia (19 febbraio 1512): la città è devastata, migliaia di bresciani sono massacrati, centinaia di donne sono violentate e i francesi, dopo aver depredato Brescia, portano via circa 4 mila carri colmi di gioielli, arredi, tessuti, opere d'arte e scorte di cibo. Brescia torna a far parte della repubblica veneziana solo nel 1516. Tutto ciò potrebbe essere un colpo micidiale e invece, nonostante tutto, Brescia si riprende.
Nel maggio del 1522 da Venezia arriva a Brescia, per la collegiata dei Santi Nazaro e Celso, il Polittico Averoldi di Tiziano Vecellio (1488/90 - 1576). Era stato commissionato da Altobello Averoldi, nobile veneziano, vescovo di Pola, cardinale e nunzio apostolico presso la repubblica Serenissima. L'opera, ancor oggi all'altare maggiore della chiesa, è composto da cinque dipinti. Quello centrale rappresenta la resurrezione di Cristo. Nei pannelli superiori abbiamo l'Angelo annunziante e la Vergine. In quelli inferiori i santi Nazaro e Celso col committente e il martirio di San Sebastiano. La scena centrale della Resurrezione è un vero capolavoro: Cristo trionfante si manifesta sfolgorante in cielo, impugnando il vessillo crociato come simbolo del Cristianesimo. La sua immagine, di straordinaria forza espressiva e indubbia perfezione anatomica, si erge inondata dalla luce, in contrasto sia con lo sfondo tenebroso di un'alba spettacolare, sia con i soldati nell'ombra in basso. Il paesaggio è suggestivo e coinvolgente: sullo sfondo appaiono gli edifici di una Gerusalemme idealizzata e il fedele è come preso per mano e condotto a meditare sull'alba della nuova era cristiana che si apre con la Resurrezione.

Tra i tre grandi pittori del Rinascimento bresciano (Savoldo, Romanino e Moretto) il più famoso al mondo è Alessandro Bonvicino detto il Moretto di Brescia. Basti ricordare che molti suoi dipinti sono esposti nei musei americani (Atlanta, New York, Washington, Philadelphia e Cleveland) ed europei (Berlino, Budapest, Francoforte, Londra, Cambridge, Oxford, Monaco, Vienna, Stoccolma e San Pietroburgo). A Brescia sono conservati oltre la metà dei suoi 136 dipinti, considerando solo quelli la cui attribuzione è certa. In particolare ben cinque chiese della città sono significative per apprezzare l'opera del Moretto: il Duomo vecchio, San Giovanni, San Clemente, San Nazaro e le Grazie.
Nella chiesa di San Giovanni Evangelista possiamo ammirare la celebre cappella del Sacramento, nella quale a Moretto furono affidate scene del Vecchio Testamento e al Romanino quelle del Nuovo (in particolare la Resurrezione di Lazzaro e la Cena in casa del fariseo. Le opere sono di datazione incerta e dibattuta, grosso modo attorno al 1522-24: Moretto aveva quasi trent'anni e Romanino dieci di più. Nonostante la giovane età, il Moretto mostra già il suo valore, in particolare nell'affollata Raccolta della manna e nel suggestivo Elia confortato dall'Angelo, dove la realistica figura del Profeta nel sonno è collocata in uno splendido paesaggio che dalla vegetazione e dalle rocce in primo piano sfuma in tenui rovine lontane immerse nella quiete notturna. Nella lunetta sopra questi due quadri, il Moretto dipinge l'Ultima cena e completa la parete destra della cappella con gli evangelisti Marco e Luca e sei profeti. Sempre nella stessa chiesa, ma non nella cappella del Sacramento, possiamo ammirare La strage degli innocenti.
Circa un anno dopo, è la volta dell'Assunta con gli Apostoli all'altare maggiore del Duomo Vecchio, che richiama alla memoria la celebre Assunta di Tiziano nella chiesa dei Frari a Venezia (1516-18). Colpisce il contrasto tra l'agitazione, lo stupore e il turbamento degli Apostoli, in basso, e l'espressione languida e sognante della Vergine. Qualche anno dopo, tra il 1530 e il 1535, Moretto dipinge sempre per il Duomo un nuovo Elia confortato dall'Angelo, che nella collocazione attuale è sormontato dal Sacrificio di Isacco. Elia stremato trasmette ancora oggi una sensazione di mistero, resa ancor più viva dalla folta vegetazioni e dalle inquietanti costruzioni del paesaggio illuminato dalla luce lunare.
La basilica delle Grazie ci fa conoscere un Moretto più maturo. Per questa chiesa, allora in via di completamento, Moretto dipinse tre opere: la Madonna con i Santi Rocco Martino e Sebastiano (1525), Sant'Antonio Abate (1530) e all'altare maggiore La nascita di Gesù (1550 circa). Solo il primo di questi dipinti si trova ancora nella chiesa, gli altri due purtroppo sono conservati alla civica pinacoteca, rimpiazzati in loco da copie. La nascita di Gesù è particolarmente significativo: la donna vestita di rosso accanto alla Madonna non è Sant'Anna, come spesso si è creduto, ma una levatrice (come tramandato dalla medioevale Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, versione poi condannata dal Concilio di Trento). Diversi autorevoli studiosi (a partire da Roberto Longhi nel 1929) basandosi sui tratti realistici del dipinto, hanno definito l'opera “un preludio” alla Natività di Caravaggio (1609) conservata a Messina.


Maurilio Lovatti

 

 

La natività del 1492, la prima opera del periodo della vecchiaia a Brescia di Vincenzo Foppa, è conservata a Chiesanuova

 

 

Il polittico Averoldi Di Tiziano (1522) è all'altare maggiore della chiesa dei Santi Nazaro e Celso

 

L'Assunta di Moretto (1525 circa) è all'altare maggiore del Duomo Vecchio

 

La nascita di Gesù con San Girolamo (1550 circa) originalmente all'altare maggiore delle Grazie, è conservata alla civica Pinacoteca Tosio Martinengo

 

 

 

Battaglie Sociali, luglio 2023, pag. 18-19

 

 

 

La Natività di Vincenzo Foppa (1492)

Vincenzo Foppa è nato a Brescia

 

- Vincenzo Foppa su Treccani - Dizionario biografico degli italiani

- Vincenzo Foppa su Wikipedia

 

 

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