Per la
prima volta le ACLI, per decisione della Presidenza nazionale guidata da Roberto
Rossini, dedicano ampio spazio nelle tesi congressuali per riflettere
sulla loro origine e per ricostruire una sorta di DNA che caratterizza
permanentemente la loro azione sociale, al di là delle contingenze storiche
particolari.
Quando le ACLI furono fondate nel 1944 da Achille Grandi, con
l'attivo sostegno di Montini, come “espressione della corrente
cristiana in campo sindacale”, l'urgenza del loro scopo principale, cioè
quello di coordinare e formare la componente cristiana del sindacato
unitario, prevaleva su ogni altro aspetto. Secondo l'insegnamento di Pio
XII, la formazione dei lavoratori cristiani che operavano nel sindacato,
affidata alle ACLI, doveva tendere all'ideale di “lavoratori veramente
cristiani”. In sostanza alle ACLI, “cellule dell'apostolato cristiano
moderno” era affidato il compito di formare i lavoratori cristiani sulla
base della dottrina sociale della Chiesa. Dopo la scissione sindacale in
seguito all'attentato a Palmiro Togliatti (luglio 1948), il compito di
coordinamento nei confronti della componente cristiana del sindacato si è
estinto di fatto e, fin dagli inizi degli anni Cinquanta, le ACLI cominciano
a delineare in maniera più approfondita la loro identità e la loro ragion
d'essere. Le ACLI si definiscono come componente cristiana del movimento
operaio e, più in generale del movimento dei lavoratori. Poiché il ruolo
del movimento dei lavoratori consiste principalmente nel rendere possibile
l'elevazione dei lavoratori stessi, riducendo o rimuovendo le cause, di
ordine economico, culturale e sociale, che ne limitano la realizzazione come
persone, ne deriva la necessità di mettere in atto un'azione sociale idonea
a trasformare la società e non limitata alla pur necessaria difesa
sindacale degli interessi economici dei lavoratori dipendenti o
all'erogazione di servizi di carattere assistenziale. Il concetto stesso di
azione sociale del movimento dei lavoratori cristiani, che sarà precisata e
sviluppata durante la presidenza di Dino Penazzato (1954-1960),
presuppone una prospettiva di animazione cristiana della realtà temporale
molto vicina alla visione del personalismo cristiano. Anche se molti
dirigenti aclisti non conoscevano direttamente il pensiero di Maritain e
Mounier, le idee guida del personalismo cristiano si diffusero
significativamente nelle ACLI grazie alla mediazione del gruppo nazionale
degli Assistenti spirituali, in particolare di padre Aurelio Boschini,
profondo conoscitore della teologia francese e capace divulgatore delle
riflessioni del mondo cattolico francese sui problemi del lavoro e della
liberazione e realizzazione dell'uomo. L'azione sociale presuppone
innanzitutto una conoscenza approfondita delle strutture economiche e
sociali, e dunque richiama i laici cristiani alla centralità della
formazione. Inoltre l'azione sociale ha come fine una società più giusta,
nella quale l'uomo possa realizzarsi sempre più come persona. Infine,
poiché una società più giusta idonea alla piena realizzazione della
persona umana è pensabile e perseguibile tramite l'esercizio della
conoscenza e della ragione, tutti gli uomini di buona volontà possono
collaborare proficuamente per cercare di realizzarla, indipendentemente
dalla fede religiosa.
Fin dalle origini, dunque, l'azione delle Acli si è ispirata al messaggio
evangelico e al magistero sociale della Chiesa, facendo propria la visione
del personalismo comunitario. Il patrimonio filosofico personalista, così
come declinato dal cattolicesimo democratico italiano, implica una visione
della società e dello Stato imperniata sul principio formulato da San
Tommaso: la Grazia di Dio non annulla la natura umana, ma la perfeziona.
La persona non potrebbe realizzarsi compiutamente senza sviluppare la sua
essenziale propensione alla relazione. Dunque la famiglia, le comunità e le
diverse organizzazioni della società civile e lo Stato (che ha la funzione
di regolare e normare la società civile) sono entità naturali che devono
tendere a creare le condizioni affinché la persona possa realizzarsi
integralmente. Questa impronta filosofica è alla base del pensiero sociale
delle Acli: lo Stato ha un fondamento naturale e la ragione ha il compito di
valutare in che misura la società realizzi i valori di giustizia sociale,
dignità e libertà dell’uomo. Nei primi secoli dell'età moderna la
Chiesa ha dovuto rapportarsi con il potere dello Stato in modo spesso
conflittuale, talvolta anche per la necessità di proteggere la libertà
religiosa. Anche nella Rerum novarum di Leone XIII (1891), con
la quale inizia la dottrina sociale della Chiesa, prevale un orientamento
difensivo, entro il quale gli auspicati provvedimenti legislativi o
contrattuali a favore dei lavoratori sono finalizzati a ridurre i danni del
disordinato sviluppo della società industriale, garantendo almeno gli
essenziali diritti della persona, mentre non è prevista né auspicata un’azione
sociale volta a modificare le strutture ingiuste della società. Tuttavia,
la Rerum novarum ha prodotto, grazie soprattutto all'insegnamento di Giuseppe
Toniolo, un orientamento cattolico-sociale che si proponeva un impegno
concreto a favore della classe operaia, finalizzato ad eliminare, o
quantomeno ridurre significativamente, la condizione di subalternità che la
opprimeva. Tale orientamento cattolico-sociale costituisce per le Acli
un'eredità permanente e feconda.
È con il Concilio Vaticano II che si apre in modo compiuto la prospettiva
di un impegno deciso dei laici cristiani per trasformare la società. La
Gaudium et spes espone in modo organico e lucido una nuova prospettiva per
la Chiesa, che deve cercare di cogliere frammenti di verità nella
mentalità e nella cultura laica, anche quando essa appare lontana dal
cristianesimo. Di conseguenza, è compito della Chiesa, e dei laici in primo
luogo, riallacciare profondi legami con «gli uomini e le donne di buona
volontà», soprattutto nell'impegno comune per la pace, la giustizia
sociale, lo sviluppo della scienza e della tecnica. Come ha più volte
sottolineato Jacques Maritain, la mentalità e la cultura moderna
impongono al cristiano di rinunciare definitivamente e consapevolmente all’utopia
di chiedere al mondo l’effettiva realizzazione del regno di Dio: “Lo
scopo che il cristiano si pone nella sua attività temporale non è di fare
di questo mondo stesso il regno di Dio, bensì di fare di questo mondo,
secondo l’ideale storico richiesto dalle diverse età, il luogo di una
vita terrena veramente e pienamente umana, cioè piena certamente di
debolezze, ma anche piena d’amore, le cui strutture sociali abbiano come
misura la giustizia, la dignità della persona umana, l’amore fraterno...”
(Umanesimo integrale, 1936). Le idee personaliste penetrarono nella cultura
cattolica italiana e nella stessa Chiesa nell'immediato secondo dopoguerra,
grazie ad Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi fino al 1953, a
Giovanni Battista Montini, in Segreteria di Stato fino al 1954, ad
esponenti cattolici presenti nell’Assemblea Costituente, come De
Gasperi, Dossetti, La Pira, Moro e Lazzati. Ci sono quindi alcune
costanti dell’azione sociale delle Acli che, al di là delle diverse
contingenze storiche, rappresentano una sorta di patrimonio genetico dell’associazione,
che può essere riassunto, come fece Dino Penazzato il 1 maggio 1955, con l’idea
di una triplice fedeltà: alla democrazia, ai lavoratori e alla Chiesa.
Questa sintesi è rimasta una costante immutabile della vita associativa del
movimento, alla quale nel 1969 si aggiunge un altro principio cardine: la
libertà di voto. Come elettore ognuno è chiamato a compiere scelte
personali in coerenza coi valori cristiani. Ai caratteri fondamentali
derivanti dalla triplice fedeltà, nel corso degli anni Ottanta, in
concomitanza con il ridursi della capacità dei partiti tradizionali di
interpretare le sensibilità e i bisogni della società civile e di
favorirne gradualmente la crescita e la consapevolezza attraverso idonei
processi di mediazione, le Acli hanno aggiunto l’attenzione all’autonomia
e all’organizzazione della società civile, luogo di un impegno civile
proiettato al futuro.
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