Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, dicembre 2018, pag. 8-9
Paolo VI e le ACLI Maurilio Lovatti
|
Quando nel giugno del 1944, dopo la liberazione di Roma, Achille Grandi, primo presidente centrale, diede avvio al processo fondativo del movimento, fu seguito da vicino e appoggiato da mons. Montini, allora pro-segretario di Stato. Le Acli nascevano principalmente come momento formativo e di coordinamento dei lavoratori cristiani impegnati nel sindacato (che nei primi anni del dopoguerra, fino al 1948, era unitario) per preparare i sindacalisti a svolgere anche in concreto un apostolato d'ambiente nel mondo del lavoro. Montini il 18 settembre 1944 presentò a Pio XII Achille Grandi e Vittorino Veronese, che sarà presidente dell'Azione Cattolica, per sottoporre lo statuto del movimento in via di formazione e incoraggiò il Pontefice ad appoggiare la soluzione che prevedeva a tutti i livelli della nuova associazione un assistente ecclesiastico. In seguito alla scissione sindacale del 1948, le Acli smettono di rivestire un ruolo prevalentemente sindacale e, pur mantenendo le altre funzioni educative, assistenziali e ricreative, e si aprono a un'azione sociale più generale e politica. In questa trasformazione, Montini è stato tenace assertore verso il Pontefice dell'importanza delle Acli nell'apostolato e nella formazione cristiana dei lavoratori, a fronte di chi, anche nella gerarchia ecclesiastica, la riteneva un’esperienza superata e una funzione sostituibile. Nel 1954, in partenza per Milano, disse: “Se le Acli cessassero di esistere, alla classe lavoratrice italiana mancherebbe qualcosa, perché le Acli sono entrate nel vivo del mondo del lavoro italiano, tanto da esserne indissolubili.” E da arcivescovo di Milano affermò: “Le Acli sono […] un movimento su cui riposa l'autorità, il consiglio e la fiducia della Chiesa, su cui riposa la parola della Chiesa; poi potete essere sicuri che questa vi difenderà, vi seguirà, nobiliterà il vostro lavoro, lo santificherà…” (15 gennaio 1955). Pochi mesi dopo la sua elezione a Papa, in un lungo discorso agli aclisti riuniti nel IX congresso nazionale, il 21 dicembre 1963, Paolo VI ricostruisce con precisione le ragioni che portarono alla fondazione delle Acli, nel 1944, e attraverso esse intende definire meglio la loro ragion d'essere e il loro ruolo nella comunità ecclesiale e nel mondo del lavoro: “Recuperata la libertà civile, era rinata la possibilità di riprendere l'attività sociale organizzata […] si pensò alle Acli, come organizzazione libera e responsabile, aperta all'accoglienza delle masse lavoratrici con la massima larghezza possibile, basata su criteri democratici, non statutariamente collegata con altre associazioni cattoliche riconosciute, ma non priva della dignità, della forza, della vocazione del nome cristiano […] L'istituzione delle Acli fu un grande gesto di bontà e di fiducia della Chiesa verso i lavoratori. Fu uno sguardo amoroso della Chiesa nel cuore del nostro popolo, uno sguardo che non durò fatica a scoprirvi impliciti, ma vivi e preziosi tesori di saggezza, di virtù, di capacità di ordine e di sacrificio, di talento sociale cristiano; e fu un rischio, che chi è padre, chi è maestro conosce e affronta in un dato momento, quando vuole che il figlio impari a camminare da solo, e che il discepolo diventi maturo a ragionare e a fare da sé.” Il momento più difficile, doloroso per il Pontefice, come pure per tutto il movimento, è stato il 19 giugno 1971, quando Paolo VI ha deplorato pubblicamente le Acli per aver “voluto mutare l'impegno statutario del movimento e qualificarlo politicamente, scegliendo per di più una linea socialista, con le sue discutibili e pericolose implicazioni dottrinali e sociali.” Tuttavia, con il distacco storico che oggi ci è consentito, dopo quasi mezzo secolo, possiamo comprendere come le divergenze vertessero su questioni contingenti, soprattutto sull'unità politica dei cattolici, allora ritenuta ancora indispensabile dal Papa per garantire la tenuta democratica dell'Italia. Tali divergenze non hanno tuttavia mai incrinato l'adesione delle Acli alla visione del grande pontefice bresciano, alla sua volontà di attuare pienamente il Concilio, alla sua visione missionaria della Chiesa, alla consapevolezza che evangelizzazione e promozione umana sono strettamente connesse. Così come le Acli hanno sempre condiviso la determinazione montiniana nel valorizzare il ruolo dei laici, non riducendolo a una mera esecuzione delle direttive della gerarchia ecclesiastica. E altrettanto hanno condiviso e cercato di tener presente nella loro azione la visione non totalmente negativa del mondo moderno, sancita dalla costituzione pastorale Gaudium et spes, che ha trovato in Montini un convinto sostenitore ancor prima di essere elevato al soglio pontificio, in una concezione delle realtà che si richiama all'insegnamento di Jacques Maritain, di cui Montini stesso fu in gioventù un traduttore e un ammiratore, nonostante gli ambienti tradizionalisti della Chiesa lo avversassero. Per questo le Acli sono particolarmente liete ed orgogliose che la Chiesa abbia elevato all'onore degli altari san Paolo VI, che può essere considerato un fondatore e un padre spirituale della nostra associazione.
|
Battaglie Sociali, dicembre 2018, pag. 8-9
|
Maurilio Lovatti main list of papers
|