Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, marzo 2017, pag. 16

 

Il destino delle province

 

 

Lo scorso gennaio è stato rinnovato il consiglio provinciale di Brescia. A partire dalla legge Del Rio (2014) le province non sono più elette a suffragio universale dai cittadini, ma sono state trasformate in enti di secondo livello: il consiglio provinciale e il presidente della provincia sono eletti dai consiglieri comunali dei comuni della provincia, ovviamente con la ponderazione dei voti, tenendo conto delle dimensioni demografiche dei comuni, poiché è evidente ad esempio che un consigliere comunale della città rappresenta molti più cittadini di quello di un piccolo comune. Il presidente dura in carica 4 anni, il consiglio solo due. L'attuale presidente Pier Luigi Mottinelli (PD) rimarrà in carica fino alla fine del 2018. Nella scorsa tornata il presidente era stato eletto da un'ampia maggioranza (PD, Forza Italia e NCD), attualmente invece la maggioranza è costituita dal solo PD.
Sempre la legge Del Rio (7 aprile 2014, n.56) prevede due livelli di competenze per l'ente provincia: quelli istituzionali e permanenti (pianificazione territoriale e ambientale, trasporti, edilizia scolastica) e quelle aggiuntive, eventualmente delegate dalla Regione, relativamente a quei servizi che trovino nel territorio provinciale “l'ambito territoriale ottimale” (cioè quelli che la ragione non può delegare ai comuni perché troppo piccoli, e non ritiene di scala regionale, ad esempio la formazione professionale o la polizia locale).
In generale lo spirito dalla legge Del Rio è quello di razionalizzare e rendere più efficace i servizi pubblici, evitando doppioni, sovrapposizioni e conflitti di competenze, nell'ottica condivisibile di ridurre i costi. Tuttavia la legge del 2014 era stata pensata come transitoria, in attesa della riforma costituzionale, che nelle intenzioni del governo doveva eliminare la provincia quale ente locale previsto dalla carta costituzionale, anche se poteva continuare a funzionare quale “consorzio” di comuni per gestire servizi di scala provinciale. In questa prospettiva l'elezione indiretta del presidente e del consiglio provinciale era perfettamente coerente.
Ma adesso che la riforma costituzionale è stata bocciata dal popolo? E' meglio tornare all'elezione diretta, come molti sostengono invocando il principio della sovranità popolare? E magari la proposta viene disinvoltamente da chi in passato si faceva paladino dell'abolizione totale delle province... 

In realtà la Costituzione prevede solo che le province siano enti autonomi, le cui funzioni sono determinate dalle leggi (art. 128). Non c'è alcuna indicazione, nemmeno implicita, sulle modalità d'elezione. E nemmeno si può sostenere che l'elezione di secondo grado non sia democratica o rispettosa della sovranità popolare, se si pensa che il senato francese o tedesco non sono eletti direttamente dai cittadini, ma nessuno ha mai ritenuto ciò antidemocratico. Viceversa l'elezione indiretta consente notevoli risparmi e rende gli amministratori provinciali più liberi di scegliere in vista del bene comune, senza preoccupazioni elettoralistiche: così la provincia può diventare una sorta di “casa dei comuni” meno legata a logiche partitiche.

 

 

 

 

Maurilio Lovatti

 

Battaglie Sociali, marzo 2017, pag. 16

 

 

 

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