Nel 1971,
solo quattro anni dopo la Populorum Progressio, Paolo VI scrisse l'Octogesima
Adveniens che non è un'enciclica, ma una lettera apostolica indirizzata
al Presidente della pontificia Commissione "Giustizia e Pace" in
occasione dell'ottantesimo anniversario della Rerum Novarum di Leone
XIII, che aveva dato inizio alla dottrina sociale della Chiesa.
In questo testo l'aspirazione essenziale dell'umanità, e quindi della
Chiesa stessa, ad una società economicamente più giusta, che già era
delineata nella Populorum Progressio, trova una più completa definizione
alla luce dei rapidi cambiamenti sociali di quegli anni.
Tra i tanti temi trattati, tre mi sembrano particolarmente innovativi ed
attuali:
1) Il diritto all'immigrazione. Paolo VI afferma che è necessario superare
gli atteggiamenti "strettamente nazionalistici" e riconoscere un
diritto all'immigrazione e all'integrazione degli immigrati. E' dovere di
tutti, e specialmente dei cristiani, "lavorare con energia per
instaurare la fraternità universale". (n. 17)
2) L'affermazione esplicita e categorica della necessità di salvaguardare
l'ambiente naturale. Il Pontefice afferma che l'uomo "attraverso un uso
sconsiderato della natura" rischia di distruggerla e di essere, a sua
volta, "vittima di siffatta degradazione". Paolo VI richiama la
drammaticità dell'inquinamento e rileva come l'umanità rischi di crearsi
"per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile". I
cristiani devono impegnarsi attivamente, insieme agli altri uomini, per
evitare questo pericolo. (n. 21)
3) Per i cristiani come per tutti gli uomini è importante l'educazione alla
vita associata. L'affermazione e la diffusione dei diritti inalienabili
d'ogni uomo è necessariamente correlativa al riconoscimento dei doveri nei
confronti degli altri. La duplice aspirazione all'eguaglianza e alla
partecipazione, dice Paolo VI alla luce degli insegnamenti del Concilio,
"è diretta a promuovere un tipo di società democratica." Ci sono
vari modelli di società, ma "nessuno soddisfa del tutto e la ricerca
resta aperta." Di conseguenza il cristiano "ha l'obbligo di
partecipare a questa ricerca e all'organizzazione e alla vita della società
politica." (n. 24).
Queste affermazioni oggi possono sembrare quasi ovvie, ma quarant'anni fa
apparivano a molti come un segno netto di discontinuità rispetto
all'atteggiamento tradizionale della Chiesa su questi temi. Forse proprio
per questo la ricezione di questi insegnamenti da parte delle comunità
cristiane è stata lenta e non sempre profonda.
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