Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, novembre - dicembre 2013, pag. 10-11

 

 

 

Giustizia riparativa

differenze e vantaggi rispetto al sistema punitivo

 

di Maurilio Lovatti 

 

 

Uno dei luoghi comuni più diffusi nelle società contemporanee consiste nel credere nel potere dissuasivo della pena: tanto più la legge prescrive pene severe per i reati più gravi, tanto meno quei reati saranno commessi. Nulla di più falso! Nella maggior parte degli Stati Uniti l'omicidio volontario è punito con la pena di morte: se confrontiamo il numero di omicidi in rapporto al numero degli abitanti, ci accorgiamo con stupore che negli USA sono circa 7 volte superiori che nella Comunità Europea, dove non c'è la pena di morte.
Questo è uno dei pregiudizi di fondo da sradicare se si vuole pensare ad una riforma ragionevole della giustizia penale in Italia. Riforma che si rende necessaria per almeno due motivi: la lunghezza dei processi e il sovraffollamento delle carceri. La Corte europea dei diritti umani ha condannato nel gennaio 2013 l'Italia per il trattamento inumano e degradante inflitto alla sua popolazione carceraria. La condanna si basa sul fatto che le carceri italiane contano ad oggi circa 66 mila detenuti (di cui circa 25 in attesa di giudizio) pur avendo una capacità totale di soli 47mila posti.
Un primo timido tentativo per ridurre il numero dei carcerati è stato compiuto dal governo lo scorso luglio: con un decreto legge poi modificato dal Parlamento sono state ampliati i casi in cui la pena può essere scontata agli arresti domiciliari, esclusi ovviamente i reati più gravi.
Ma sono necessarie misure più incisive e radicali. In primo luogo la depenalizzazione dei reati meno gravi (vedi riquadro). Molti crimini economici oggi puniti col carcere, potrebbero essere sanciti da pene pecuniarie rapportate al reddito (in Germania ciò avviene già per circa i ¾ dei reati). Infatti tolti i reati commessi dalla criminalità organizzata (mafia, camorra, ecc.) a cui corrisponde circa il 10% degli attuali detenuti, quelli sessuali e quelli legati all'ira, la gran parte dei reati ha motivazioni economiche. Un'altra misura possibile consiste nell'ampliare l'istituto della "messa in prova" del detenuto anche dopo la condanna in primo grado.
Utilissimo sarebbe estendere anche la mediazione penale, oggi prevista dalla legge solo per i minori. Quest'istituto, che è un momento centrale della cosiddetta giustizia riparativa, cerca di favorire il recupero sociale del colpevole, attraverso una forte responsabilizzazione rispetto al reato e una presa di coscienza delle conseguenze del reato stesso, in conformità dello spirito rieducativo che dovrebbe caratterizzare il diritto penale. L'adozione da parte della giustizia riparativa di un percorso di mediazione tra vittima e autore del reato, permette di costruire uno spazio nel quale i protagonisti hanno la possibilità di esprimere i propri sentimenti riguardo al fatto che li coinvolge. Ovviamente la carcerazione va sempre mantenuta intatta per la criminalità organizzata e per i gravi delitti, come gli omicidi. Il passaggio dal sistema penale retributivo al sistema riparativo consentirebbe di prendere in maggiore considerazione le esigenze delle vittime di reato che i sistemi tradizionali di giustizia hanno sempre trascurato. La giustizia riparativa ha ottenuto buoni risultati anche in situazioni oggettivamente difficili: ad esempio in Sud Africa, per quanto riguarda i reati a sfondo razzista.
Anche per accorciare i tempi processuali ci sono riforme che costano (ampliamento degli organici nei tribunali) e sono quindi difficili da realizzare, ma anche riforme che non costano. Ad esempio in Italia, la sentenza di secondo grado non può aumentare la pena del primo grado se a ricorrere è l'imputato. Così praticamente tutti ricorrono in appello, aumentando lunghezza e costi del processo per la collettività, e aumentando le possibilità di prescrizione del reato. In Francia, dopo è possibile inasprire la pena in appello, ricorre solo circa il 12% dei condannati. Ecco perché il numero di avvocati nel solo Lazio è pari a quelli dell'intera Francia!
Infine il numero dei reati economici può essere ridotto con misure di prevenzione (ad esempio norme per la tracciabilità dei pagamenti, per perseguire con più rigore il falso in bilancio e altri reati societari, allungamento dei tempi di prescrizione, ecc.).
I problemi della giustizia possono dunque essere risolti senza ricorrere all'amnistia e all'indulto, provvedimenti giustamente invisi all'opinione pubblica perché diseducativi e perché intaccano il principio della certezza del diritto e possono difficilmente convivere con l'educazione alla legalità.

Maurilio Lovatti

 

 

Battaglie Sociali, novembre - dicembre 2013, pag. 10-11

 

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