Dopo i due interventi critici verso
il progetto del nuovo quartiere di S. Polo firmati dall'arch. Fedrigolli,
un intervento a favore. E' del geom. Maurilio Lovatti della commissione
urbanistica del consiglio di quartiere S. Eustacchio che rispecchia
ovviamente il parere del suo quartiere e, riteniamo, anche un'opinione
abbastanza diffusa tra i responsabili dei quartieri cittadini. Alcune
delle argomentazioni addotte sembrano anticipare il parere in argomento
dell'Amministrazione comunale che certamente l'assessore all'urbanistica
illustrerà intervenendo nel presente dibattito.
Il progetto di un grande insediamento di edilizia
economica e popolare a San Polo è senza dubbio uno degli elementi
qualificanti della variante al Piano regolatore. Le forze politiche
democratiche, i Consigli di quartiere, le Confederazioni sindacali dal 73
ad oggi hanno espresso in varie occasioni la loro piena adesione
all'ipotesi di San Polo.
Alcune motivazioni
L'arch. Fedrigolli non accenna nemmeno lontanamente
alle motivazioni che hanno indotto il Comune ad operare questa scelta, ma
si limita a lasciare credere al lettore che S. Polo non sia che il parto
delle velleità di successo del prof. Benevolo, che "trova in Brescia
la sua grande occasione" e che ambisce a riuscire laddove "sono
falliti tutti i più grandi urbanisti italiani e quasi tutti quelli del
mondo intero". Non è quindi inutile richiamare brevemente almeno le
principali motivazioni di S. Polo.
Brescia, come quasi tutte le città italiane, si è sviluppata in modo
disordinato e senza un minimo dl programmazione. I privati decidevano
come, dove, quando costruire le case e il Comune era costretto a
"inseguirli" con le opere di urbanizzazione. Il risultato è
stato quello di ottenere una periferia di cemento e asfalto, opprimente,
senza verde e con scarsità di servizi sociali, nonostante i pesanti oneri
accollati alla collettività.
A S. Polo si seguirà un metodo completamente diverso. L'ente pubblico
urbanizza le aree e predispone i progetti di massima. L'intervento,
pubblico e privato, si inserisce in una programmazione organica e
razionale. Dal punto di vista urbanistico, il secondo aspetto positivo è
costituito dal particolare rapporto tra numero di abitanti e dotazione dl
aree riservate a verde pubblico, scuole e servizi sociali (i cosiddetti
standard urbanistici). E' questo il parametro fondamentale per valutare la
validità complessiva di un agglomerato urbano. Ebbene, a S. Polo ogni
cittadino avrà a disposizione 50 mq dl verde pubblico, Si pensi che, ad
esempio, nel quartiere S. Eustacchio (che pure è più fortunato di altri
della media periferia per la presenza di Campo Marte) il verde complessivo
esistente, non solo quello accessibile al pubblico, è pari a circa 4,5 mq
per abitante. Analogamente a S. Polo ci sarà una dotazione più elevata
di tutti gli altri servizi (scuole, asili, centri sociali e sanitari,
ecc.).
A questo punto non si capisce però che senso ha definire S. Polo un
"ghetto" come fa Fedrigolli. Ogni mattina, quando apro la
finestra, desidererei abitare in un ghetto come S. Polo ove, in luogo
delle compatte e grigie masse di cemento, si presenta alla vista un parco
di 60 ettari, con sentieri alberati e siepi, rogge e ruscelli.
Dal punto di vista economico, è vero che il costo dell'urbanizzazione a
S. Polo, se confrontato con quello di eventuali piani alternativi di 167
dislocati in varie zone della periferia cittadina, risulta superiore nel
breve periodo. Ma il meccanismo dell'urbanizzazione pubblica è tale che
dopo un certo numero di anni, con il riciclaggio delle aree urbanizzate,
l'operazione diventa addirittura attiva. Basti pensare all'esperienza
delle New Towns inglesi, esemplare in questo senso. S. Polo è dunque un
risparmio, non uno spreco di pubblico denaro.
Concentrazione di
cantieri
Economicamente, S. Polo presenta un altro
vantaggio: una notevole concentrazione dl cantieri edili consente la
realizzazione di economie di scala e l'introduzione di tecniche avanzate
di industrializzazione della produzione delle abitazioni.
Infine, la concentrazione della produzione contribuisce ad una migliore
tutela dei diritti dei lavoratori (rispetto delle norme
antinfortunistiche, ambiente di lavoro, mensa, ecc.). E' considerando
tutti questi aspetti che la federazione CGIL-CISL-UIL ha dato il suo pieno
assenso al progetto di S. Polo.
Considerando che la variante consente di edificare nelle nuove zone di
espansione, (escluso S. Polo) solo circa 700.000 mc. corrispondenti alla
possibilità di insediare circa 7.000 abitanti, egli sostiene che in
questo modo si costringono larghe fasce di cittadini ad andare ad abitare
a S. Polo per mancanza di alternative. Così si spiegano le apocalittiche
previsioni di larghe masse di cittadini sradicate dai loro ambiente
naturale e deportate a S. Polo, costrette ad abbandonare amicizie e
effetti nonché l'amato quartiere natio. Le cose non stanno così. Se ai
dati di Fedrigolli relativi alle zone C si aggiungono i circa 700.000 mc.
di completamento (zone B e B2) ed i 600.000 mc. di Brescia 2, si ottengono
circa 20 mila vani. A questi vanno aggiunti i 3.000 vani che si
ricaveranno dal risanamento del centro storico, altri 3.000 vani di 167 in
diverse frazioni di Brescia e 15.000 vani attualmente sfitti.
Si raggiunge un totale di 41.000 vani, mentre l'incremento abitativo
previsto nell'arco di un decennio è di 12.500 unità e il fabbisogno
arretrato (stimato dall'Abre) è circa 20.000 vani. Dunque teoricamente il
numero di vani disponibili o previsti senza computare quelli di S. Polo
non è comunque inferiore alla domanda complessiva stimabile. Perché
dunque le forze politiche, il sindacato, i consigli di quartiere insistono
su S. Polo? Perché l'esperienza dimostra che a lasciare nelle mani
dell'iniziativa privata la produzione delle abitazioni, l'offerta che ne
deriva non è corrispondente alle esigenze del cittadini, sia dal punto di
vista economico (case di lusso invece di edilizia popolare) che sociale
(ubicazione degli edifici in zone dove i servizi collettivi e il verde
sono già insufficienti). E' per questo che la Variante ipotizza un
equilibrio tra edilizia pubblica e privata (20.000 vani ciascuna).,
Il timore del sindacato e dei Consigli di Quartiere è esattamente opposto
a quello dl Fedrigolli. Se continueranno questi attacchi a S. Polo c'è il
rischio che questo insediamento venga reiteratamente rinviato, mentre i
privati, con i loro 20.000 vani previsti e i 15.000 attualmente sfitti
continueranno a monopolizzare l'offerta delle abitazioni. Per questo il
sindacato e molti Consigli di Quartiere chiedono l'immediato avvio delle
operazioni di esproprio ed urbanizzazione a S. Polo. Una volta fatta la
scelta di attribuire un peso consistente all'edilizia pubblica, non
esistono però valide alternative a S. Polo. Edificare ancora in altri
quartieri non è opportuno.
L'arch. Fedrigolli sembra dimenticarsene quando si preoccupa del fatto che
secondo la Variante '76 "15 quartieri su 30 non hanno alcun sviluppo,
gli altri hanno sviluppi insufficienti". Eppure egli dovrebbe sapere
che in molti quartieri è stato impossibile reperire i 26,5 mq/abitante
previsti dalla legge regionale n. 51, che in altri si è riusciti a
malapena; che estendere le zone edificabili in questi quartieri
significherebbe condannare la non già felice media periferia bresciana ad
una cronica carenza di servizi sociali e di verde. Evidentemente
Fedrigolli non ha mai seguito le battaglie che i Consigli di Quartiere
hanno condotto per salvare le ultime aree libere dall'edificazione
privata. Magari fosse realmente esistito il fantasioso "blocco delle
licenze" che egli attribuisce al Comune. La realtà è ben diversa.
L'Amministrazione comunale è stata fin troppo "liberale" nei
confronti delle immobiliari. La periferia bresciana è edificata oltre il
limite che una corretta visione urbanistica avrebbe dovuto imporre.
L'adesione dei Consigli di Quartiere al progetto di S. Polo si è rivelata
massiccia e totale sin dalla discussione della Variante '73. Ma allora si
era trattato più che altro di una prova di maturità e dl consapevolezza
delle esigenze complessiva della città. Oggi, dopo la pratica di questi
ultimi anni, i Consigli di Quartiere sono maggiormente sensibili alla
necessità di difendere fino in fondo le ultime aree verdi della
periferia. Per questo l'ipotesi dl S. Polo e la conseguente drastica
limitazione dell'edificazione nelle altre zone incontrano adesioni sempre
più vaste nei quartieri.
Maurillo Lovatti
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