Ho letto le risposte che Faini e
Segala, autori del libro "I lavoratori cattolici nella vita politica
bresciana" hanno dato alla recensione di Maurilio Lovatti, pubblicata
il 25 gennaio.
Mi pare che gli autori non abbiano colto l'aspetto importante del discorso
di Lovatti. Egli criticava il libro perché questo delineava il ruolo
delle Acli in termini molto restrittivi, evidenziando solo quegli aspetti
della loro attività che erano strettamente connessi al collateralismo con
la DC e all'anticomunismo allora dominante nel mondo cattolico.
Le Acli invece hanno sempre avuto la specificità di essere cristianamente
ispirate e quindi di svolgere un proficuo ruolo di apostolato, di
evangelizzazione, di testimonianza, di impegno sociale per la promozione
dei lavoratori, di lievito all'interno della comunità ecclesiale.
L'ispirazione cristiana delle Acli ha una sua specificità, una sua
autonomia e un suo senso anche indipendentemente dal collateralismo con la
DC.
E' ancora più importante sottolineare questo oggi, quando c'è il
tentativo a livello nazionale come a livello provinciale, di fare
rientrare le Acli nel sottobosco democristiano. Per questo ritengo che
Lovatti abbia fatto bene a sollevare il problema. I cattolici democratici
e progressisti possono riconoscersi nelle Acli solo se queste
continueranno a svolgere coerentemente la loro scelta anticapitalista e il
loro impegno a fianco dei lavoratori, contro le forze conservatrici, per
costruire una società diversa da quella che ci hanno dato trenta anni di
governo democristiano, una società più giusta, una società socialista.
Questo certamente non è incompatibile con la valorizzazione della
tradizione e del patrimonio storico delle Acli. Ma a patto che di questi
si conservino e si sviluppino proficuamente gli aspetti positivi
(ispirazione cristiana e impegno sociale) e non certo quelli deleteri
(collateralismo con la DC e anticomunismo). Ma Faini e Segala non mirano
proprio a ricreare questi ultimi?
Clara Pasini
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