Caro Direttore,
ho letto nei giorni scorsi lo stralcio di un
articolo sul Concordato pubblicato dal Circolo ACLI di Rezzato sul proprio
giornaletto e ripreso da un corrispondente locale di
"Bresciaoggi", la successiva pesante risposta da parte del
Presidente Provinciale; ho letto quindi la recensione di Maurilio Lovatti
al libro "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana"
(scritto da dirigenti aclisti) e le relative risposte degli autori del
libro con replica finale del Lovatti.
La prima cosa che ho pensato e di cui sono pienamente convinto è che
nessuno, dico nessuno, di questi interventi ha certamente contribuito alla
crescita delle Acli, anzi hanno piuttosto contribuito a screditarle. Non
è infatti pubblicizzando proprie interpretazioni circa fantomatiche
alleanze precongressuali come fa il Lovatti che si faccia chiarezza nei
rapporti esistenti all'interno delle ACLI; non è accusando e offendendo
dalle colonne di un giornale i propri dirigenti locali
("sedicenti", "allucinati") come fa Sandro Albini, che
si acquista credibilità fra i lavoratori, i giovani, le forze
democratiche esterne.
Ma allora mi viene spontaneo chiedermi: come mai un dibattito che dovrebbe
nascere e svilupparsi all'interno del Movimento tende invece ad uscire dal
proprio ambito? I motivi possono essere molteplici (tendenza giornalistica
alla strumentalizzazione, temperamento personale di alcuni dirigenti,
ecc.), ma la causa principale penso si debba ricercare nella quasi
assoluta assenza di dibattito e di confronto all'interno del Movimento e a
tutti i livelli. A livello di Consiglio Provinciale (massimo organo
politico) che viene convocato rarissimamente (3 - 4 volte in un anno) e
che quindi non offre spazio al dibattito; a livello di Assemblea Quadri
Dirigenti che viene convocata una volta all'anno (4 ore all'anno!!!); a
livello di gruppi di Circoli ACLI (zone) che nella maggior parte dei casi
sono abbandonati a se stessi.
Certo che allora capisco (non giustifico) anche il caso Rezzato, quando
constato che nel Movimento non si è mai parlato di Concordato; certo che
allora comprendo (non accetto) certi atteggiamenti radicalmente critici
nei confronti della Chiesa perché in realtà nelle ACLI non si è mai
approfondito seriamente (ma solo scritto nelle tesi congressuali e nei
documenti ufficiali) il significato dell'essere Chiesa, né tanto meno i
rapporti ACLI-comunità cristiana troppo spesso concepiti (ed ancora oggi
vissuti) in termini di rapporti diplomatici fra dirigenti provinciali e
gerarchia; certo che capisco (non condivido) anche l'intervento dell'amico
Longinotti che in nome dell'autonomia propone un nuovo collateralismo con
la D. C. (lettera Battaglie Sociali n. 1-2, 15-30 Gennaio 1977) perché
nelle ACLI bresciane non si è mai approfondito abbastanza il significato
dell'autonomia e soprattutto non si è mai costruita l'autonomia che oggi,
a mio avviso, è in grave pericolo a Brescia; infine capisco (non
giustifico) l'utilizzo delle colonne di altri giornali per un dibattito
che dovrebbe essere esclusivamente interno alle ACLI, perché in effetti
Battaglie Sociali non riesce o forse non vuole essere reale strumento di
dibattito interno (a questo proposito gli attuali dirigenti utilizzano
Battaglie Sociali come esclusivo strumento della Presidenza!).
Su queste cose è forse meglio riflettere se oggettivamente crediamo che
le ACLI possano ancora giocare un ruolo nella società e nella Chiesa
bresciana: ma a questo bisogna credere!!! (perché veramente mi viene il
dubbio che anche qualche dirigente provinciale non ci creda più tanto…).
Denunciare ai probiviri si è sempre a tempo, è nella ricostruzione del
Movimento che non si può perdere ulteriore tempo! Certo è necessario si
apra il dibattito all'interno ed a tutti i livelli per cercare una linea
il più possibile concorde ed omogenea; altrimenti è probabile che fra
poco ci troveremo denunciati ai probiviri, colpevoli magari di aver
parlato di "Vallombrosa '70" o di aver osannato il
collateralismo con la D. C., senza sapere però dove le ACLI nel loro
complesso sono dirette o per quale mestiere operano: a meno che si voglia
trasferire questo compito ai probiviri?
Dante Mantovani
Presidente del Circolo ACLI di S. Eufemia
La prima cosa che abbiamo pensato nel leggere la
lettera di Mantovani é che egli si considera l'unico (o quasi) dirigente
aclista che crede nelle ACLI. A suo avviso tutti gli altri (non proprio
tutti), a cominciare del Presidente provinciale, stanno alle ACLI per
chissà quali fini .... Anzi ci stanno per svenderle, per liquidare
l'autonomia, per affossarle. Non sono queste, caro Dante, insinuazioni
offensive peggiori di quelle, da te ritenute tali, usate dal Presidente
nei confronti dei dirigenti di Rezzato, che avevano almeno il pregio della
esplicità? (A proposito, hai consultato sul dizionario il significato di
"allucinazione"? Vedrai che si attaglia benissimo per definire
lo stato degli amici di Rezzato quando hanno scritto quell'articoletto).
La seconda cosa che abbiamo pensato é che la domanda che si pone é
retorica. Avrebbe potuto partire da qualsiasi altro fatto: l'importante
era dimostrare che alle ACLI di Brescia non c'é spazio per il dibattito.
Forse non sono state occasione di dibattito le riunioni del Consiglio
provinciale (3 o 4 in un mese, non in un anno!) dal quale è scaturita
l'attuale Presidenza provinciale e la piattaforma politica che ne
rappresenta la linea e l'orientamento. Ed i tre incontri tenuti in Maggio
su "Evangelizzazione e Promozione Umana" dove si é parlato
proprio del significato dell'essere Chiesa? Ed i corsi estivi non sono
stati occasione di dibattito e confronto? E l'Assemblea Quadri Dirigenti?
Ed i Convegni su Grandi e sulla Unità Sindacale? E le riunioni di
Consiglio provinciale non sono state forse occasione di confronto
nonostante le continue provocazioni di amici con i quali il Mantovani
firma sovente lettere in comune, dimenticando che il nostro Movimento non
può vivere di "verbosità inconcludenti" ma ha bisogno di
offrire alle realtà periferiche servizi e attività concrete. Nonostante
tutto Mantovani ritiene che le occasioni siano ancora insufficienti?
D'accordo, facciamo di più. Non vorremmo però che si pensasse di fare le
ACLI con un gruppo di cervelloni che parlano, parlano e si confrontano e
si confrontano, lasciando i Circoli in balia a se stessi. Se Mantovani
vuole sapere qual'é la linea ed il mestiere delle ACLI a Brescia si legga
la già ricordata piattaforma approvata dal Consiglio provinciale in
occasione delle elezioni della attuale Presidenza: si accorgerà che non
serve mutuarla dai probiviri i quali hanno dei compiti statutariamente ben
definiti.
Su una cosa siamo d'accordo con Mantovani: che
queste polemiche non servono alle ACLI. E allora non comprendiamo come
Mantovani faccia a capire posizioni che né condivide, né giustifica, né
accetta. Ma chi ha cominciato? E non ha una Presidenza il dovere, quando
qualcuno comincia, di fare chiarezza, sia pure con modi più o meno
eleganti ricorrendo - quando ne sussistono gli estremi - alle norme poste
in garanzia dallo statuto? L'alternativa sarebbe la confusione, la perdita
di identità e quindi la mancanza di un ruolo da svolgere.
E' questo che vogliono i lavoratori cristiani delle ACLI bresciane? E'
questo quel che vuole lo stesso Mantovani? Noi, francamente, ne dubitiamo.
(N.B. La nota redazionale in risposta alla
lettera di Dante Mantovani, a causa di alcuni errori di stampa risulta
pubblicata con alcune righe fuori dal corretto ordine dei periodi. Per
comodità del lettore è stata trascritta come sarebbe apparsa senza i
refusi di stampa. Ndr)
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