Non è vero che in questo congresso sia
necessario discutere se le ACLI devono rimanere nella Chiesa e nel mondo
cattolico o se invece debbano passare nell'area marxista. Qualsiasi
militante o dirigente aclista che abbia ricevuto da Dio arguzia e
raziocinio anche in quantità minima può agevolmente capire che le ACLI
hanno senso solo se rimangono nella Comunità ecclesiale e se si rivolgono
prioritariamente al mondo cattolico. Se al Congresso dovesse essere
presentata una mozione che reciti testualmente: "Le ACLI devono
rimanere nel mondo cattolico", essa verrebbe approvata
all'unanimità.
Perché dunque Albini e Segala, da circa un anno, continuano a battere
questo tasto? Deformare le altrui posizioni per criticarle meglio è una
tentazione comprensibile dal punto di vista umano, ma è anche indice di
debolezza. Penso che Albini e Segala temano che gli aclisti discutano la
vera questione che questo congresso ci pone: come essere presenti nel
mondo cattolico.
Ci sono due modi diversi per le ACLI di essere nel mondo cattolico: il
primo è quello di lavorare per costruire un polo di aggregazione
progressista, autonomo dalla DC e pluralista, che sia in grado di
contrastare le tendenze integraliste e conservatrici presenti nel mondo
cattolico, di profondere nel movimento operaio i valori propri del
cristianesimo e nel contempo di impegnarsi affinché la comunità
ecclesiale sia sempre più sensibile agli ideali di giustizia e di
emancipazione del lavoro che emergono dal movimento operaio.
La costruzione di un polo progressista nel mondo cattolico non solo è una
strada percorribile, ma laddove questa strategia è praticata con coerenza
e con perseveranza produce risultati lusinghieri. Pensiamo ai "gruppi
confronto settembre '77" promossi da Gioventù Aclista nella scuola
(circa il 20 per cento dei voti alle elezioni del distretto Brescia Nord);
pensiamo alla presenza degli aclisti nei consigli di quartiere di Brescia
(50 consiglieri eletti nel 74) che costituiscono la terza forza nei
quartieri dopo DC e PCI e che, guidati dal Coordinamento Acli-Città,
hanno saputo svolgere un ruolo trainante e positivo rispetto ai numerosi
consiglieri indipendenti.
Il secondo modo di essere presenti nel mondo
cattolico è quello sostenuto da chi afferma l'incompatibilità di una
presenza contemporanea nel mondo cattolico e nel movimento operaio:
"pretendere di essere l'uno o l'altro assieme o di svolgere insieme
l'uno o l'altro ruolo significa non aver ben compreso quali sono le forze
reali oggi in campo nel nostro paese..." (Sandro Albini, Battaglie
Sociali, n.13/77, pag.1). Ma affermare che bisogna scegliere tra movimento
operaio e mondo cattolico, significa dare per scontato che il distacco
storicamente esistente tra Chiesa e mondo operaio sia incolmabile.
Ora, se ciò è sbagliato in linea di principio, è ancora più aberrante
e miope in una diocesi come Brescia, dove per la lungimiranza, la
credibilità e l'impegno del Vescovo e della Pastorale del mondo del
lavoro, molto si è fatto e si sta facendo per superare questo distacco
tra Chiesa e mondo operaio.
La vera discriminante è dunque tra chi ritiene che essere nel mondo
cattolico non sia incompatibile con la presenza nel movimento operaio (è
la linea del presidente nazionale Rosati che si riassume nello slogan:
"Da cristiani nel movimento operaio") e chi invece afferma
l'incompatibilità dei due momenti e la necessità di compiere una scelta
in questo congresso (è la linea di Albini e Segala).
Alcuni affermano che la scelta di Albini e Segala ha come scopo quello di
ricreare un collateralismo tra ACLI e DC. Tutto lo lascia prevedere.
Però i processi alle intenzioni non sono mai corretti né probanti.
Quello che si può dire è che un analogo tentativo di restaurare il
collateralismo - con motivazioni del tutto simili a quelle di Albini - è
stato recentemente attuato in un altra organizzazione del mondo cattolico
bresciano: la FIM-Cisl. Tra i promotori dell'operazione vi erano alcuni
degli attuali dirigenti delle ACLI: Maria Teresa Bonafini e Marino Ghidini.
I lavoratori cattolici hanno però respinto a larghissima maggioranza
questo tentativo, nel congresso della FIM-Cisl bresciana, riconfermando e
rafforzando l'autonomia dalla DC e da tutti i partiti.
Mi auguro che anche gli aclisti bresciani, perseverando nella giusta linea
del presidente nazionale Rosati, sappiano fare altrettanto!
Maurilio Lovatti
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