A Maurilio Lovatti, bresciano
invitato a tenere una relazione a Oxford alla Conferenza internazionale
per il terzo centenario della morte di John Locke, chiediamo quali
contenuti del pensiero del filosofo inglese dell'empirismo, a tre secoli
dalla morte, sono ancora attuali. E, ovviamente, che cosa dirà a Oxford,
alla riunione della Società britannica della Storia della filosofia.
"Almeno tre ambiti del pensiero di Locke sono ancora attuali e
importanti. In primo luogo Locke può essere considerato il padre della
concezione liberal-costituzionale dello Stato. Egli ha formulato e difeso
con forza la concezione della libertà come diritto fondamentale e
inalienabile dell'uomo: la ragione stessa comprende che la libertà
d'opinione, di stampa, di parola, il diritto alla vita e alla proprietà
sono diritti che appartengono alla natura umana e che quindi lo Stato deve
garantire. Uno Stato è giusto solo se vi è separazione ed equilibrio tra
i poteri dello Stato stesso: la dottrina della separazione dei poteri, che
poi sarà compiutamente formulata da Montesquieu nel '700, è stata
proposta e difesa da Locke ed è ancora oggi di grande attualità."
Locke è noto anche come il padre - col coetaneo Spinoza - della
moderna concezione di tolleranza. Parrebbe urgente, nel mondo attuale, un
po' di tolleranza.
"È proprio il secondo ambito d'attualità di Locke. Anche se
storicamente nel '600 il problema della tolleranza era relativo
prevalentemente alla libertà religiosa e alla distinzione delle sfere di
competenza tra Stato e chiese, le riflessioni del filosofo inglese sulla
tolleranza sono ancora interessanti, anche per le ragioni della
limitazione del potere dello Stato nei confronti dei diritti dei
cittadini: lo Stato non può "imporre" alla persona se non
quanto è strettamente necessario per la tutela del bene comune."
Anche il suo empirismo è attuale?
"Dal punto di vista strettamente filosofico, Locke è l'iniziatore
della corrente dell'empirismo, che si fonda sulla tesi che tutta la
conoscenza deriva dell'esperienza e che confuta ogni dottrina, platonica,
neoplatonica o cartesiana, che affermi che l'uomo ha una conoscenza innata
di alcune idee. Nonostante la vivace polemica contro l'innatismo, Locke si
avvarrà di numerose acquisizioni tratte dal pensiero di Cartesio; anche
la stessa nozione di idea come contenuto mentale, che include quindi anche
ricordi e immagini sensibili, è cartesiana, così come è cartesiana la
centralità delle tematiche gnoseologiche, deputate a svolgere un ruolo
fondante per l'intera filosofia."
Su quali dottrine di Locke vi sono significative differenze
interpretative tra gli studiosi?
"Le differenze interpretative tra i più autorevoli studiosi di Locke
vertono principalmente sulla dottrina della conoscenza esposta nel Saggio
sull'intelletto umano del 1690 che, insieme ai due Trattati sul Governo,
è l'opera più nota del filosofo inglese. Il Saggio è un'opera molto
ampia e complessa, alla quale Locke ha lavorato per quasi vent'anni, dal
1671, e che inevitabilmente risente dell'evoluzione del suo pensiero in
quegli anni turbolenti, nei quali prima occupa posizioni di grande potere
come segretario di Lord Shaftesbury (leader e fondatore del partito whig,
e premier dal 1672 al 1675) e poi di grande difficoltà, con la fuga in
Olanda nel 1683 per sfuggire alle persecuzioni del re Carlo II. Gli
studiosi, nel compiere una sintesi organica della dottrina della
conoscenza di Locke, giungono a conclusioni abbastanza differenziate,
attribuendo maggiore importanza ad alcune tesi del Saggio a scapito di
altre. Ad esempio, molti autorevoli studiosi tendono ad accentuare le
analogie tra il pensiero di Locke e le dottrine convezionalistiche della
conoscenza che erano molto diffuse nella filosofia del '600, basti pensare
a Hobbes, Mersenne o Gassendi, o addirittura a concezioni strumentaliste
della scienza, come quella successivamente formulata da Berkeley - che
pure fondava in gran parte il suo empirismo su tesi tratte da Locke - nel
De Motu del 1721, mentre altri studiosi, a mio avviso più correttamente,
considerano fondamentalmente Locke un realista, nonostante le sue ben note
divergenze dalla gnoseologia degli Scolastici."
Locke rompe l'orizzonte cartesiano della scienza: la matematica, la
dimostrazione non sono più il modello unico e privilegiato del sapere.
"Con Locke l'esperimento ritrova il ruolo essenziale che Cartesio gli
aveva negato. Per lui, grande ammiratore di Newton, la spiegazione
meccanica costituisce sempre il modello ideale di una spiegazione
scientifica, ma essa di fatto non è sempre possibile, - questa era anche
la convinzione di Boyle - e quindi la conoscenza della natura assume un
valore solo probabile, essendo raggiunta con procedimento induttivo, a
differenza della matematica e dell'etica che sono scienze pienamente
dimostrative. Non a caso ricerche e metodo di Boyle influenzano
profondamente la concezione lockiana della scienza, specie la dottrina
della conoscenza delle sostanze."
Il tema su cui le divergenze sono più forti, tra studiosi d'oggi,
rimane l'interpretazione della dottrina dell'astrazione.
"Attualmente gli studiosi più autorevoli, tra cui John Yolton e
Michael Ayers, che sarà uno dei relatori al convegno di Oxford per il
terzo centenario della morte di Locke, considerano Locke un nominalista,
come effettivamente sono nominalisti i grandi filosofi empiristi come
Berkeley e Hume."
Lei condivide questa interpretazione?
"Assolutamente no, e a Oxford lo dirò chiaramente, anche se sono
consapevole di sostenere una tesi molto minoritaria. Il nominalismo era
sorto nel medioevo, in contrapposizione al realismo degli scolastici sulla
questione degli universali. I nominalisti ritengono che la mente umana non
possa pensare concetti universali, che tutti i nostri contenuti mentali
siano individuali (come ad esempio percezioni visive o tattili, ricordi,
immagini) e di conseguenza di universale ci sono soltanto i nomi. Diversi
passi del secondo libro del Saggio, presi isolatamente, potrebbero
avvallare un'interpretazione nominalistica, poiché gli esempi di idee
presentati da Locke sono tutti relativi a immagini mentali. Viceversa la
dottrina del linguaggio proposta nel terzo libro del Saggio e l'analisi
dell'essenza delle idee complesse di sostanza forniscono valide ragioni
per sostenere la tesi del concettualismo di Locke."
Cosa cercherà di dimostrare?
"Che, se per Locke le idee astratte sono il tramite che unisce i nomi
generali (comuni) con le cose particolari (conosciute per mezzo di idee),
è evidente che il tramite non può identificarsi con uno dei due elementi
di cui costituisce il collegamento: l'idea astratta non può essere
un'idea particolare usata come fosse generale. In altri termini per Locke
ciò che determina l'universalità dell'idea astratta non è solo una
relazione con più idee particolari, come in Berkeley o in Hume, ma è
qualcosa di costitutivo e caratteristico dell'idea stessa: per le idee
complesse, è l'essenza nominale che le contraddistingue. Non penso che vi
sia qualche palese contraddizione tra gli esempi di astrazione riportati
nel libro II e l'ampia teoria del linguaggio svolta nel III libro. Vi è
semplicemente una differenza di approccio."
La sua è una posizione del tutto isolata?
"No. Alcuni argomenti a favore di questa tesi si possono trovare
negli scritti di R. Aaron, che risalgono agli anni 50, oggi quasi
dimenticati. Ho scoperto recentemente che una giovane studiosa, Sally
Ferguson dell'Università di Pensacola in Florida, sostiene idee simili,
anche se successivamente al mio primo articolo su Locke del 1995, nel
quale difendevo l'interpretazione concettualista."
Per concludere, può dirci qualcosa sulla nozione di Locke di identità
personale?
"Locke sostanzialmente fa dipendere l'identità personale
dall'autocoscienza e dalla consapevolezza della memoria delle esperienze
passate. Apparentemente nulla di originale; ma a mio giudizio
l'argomentazione nel Saggio (II libro) risulta così complicata e ricca di
distinzioni perché Locke è guidato da una duplice preoccupazione: da un
lato confutare il dualismo antropologico cartesiano, dall'altro difendere
la concezione cristiana dell'immortalità dell'anima. Le sue
argomentazioni sull'identità personale hanno influenzato profondamente
Hume (e anche Kant) e proprio la critica di Hume all'identità dell'io,
che per il filosofo scozzese non può essere dimostrata
incontrovertibilmente, costituisce il riferimento principale di molte
dispute tra i filosofi analitici contemporanei sul tema dell'identità
personale. Vedete com'è attuale, il pensiero di Locke."
re. c.
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