La pubblicazione del volume "I
lavoratori cattolici nella vita politica bresciana" (M.T.Bonafini,
M.Faini, R.Fracassi, A.Rivali, P.Segala, ed. Sangallo) ha provocato una
recensione da parte di "Bresciaoggi" a firma Maurilio Lovatti.
La polemica sviluppatasi successivamente, con le lettere di Faini e Segala
e la risposta di Maurilio Lovatti, offre lo spunto per ulteriori
considerazioni, che ritengo possano interessare anche i lettori della
"Voce".
1. La precipitosa retromarcia operata dal Lovatti che riconosce persino di
non aver preso in esame le parti introduttive, fondamentali nell'economia
dell'intero volume, e il significativo fatto che non si risponde ai
precisi quesiti posti da Segala, stanno a dimostrare una lettura quanto
meno parziale e strumentale del volume, tradendo così un pressapochismo
culturale che certamente non fa onore a chi ospita simili articoli; ma
purtroppo accade sovente che "modi alternativi di informare" si
risolvano in inconcludenti verbalismi e in letture faziosamente
schematiche dei fatti!
2. Non è assolutamente vero che nel libro gli autori giustifichino la
rottura sindacale del '48, che si giustifica da sé; gli autori hanno solo
ritenuto di rappresentare le condizioni politiche e sociologiche in cui
questa è avvenuta. Condizioni note a chi ha vissuto quel periodo o a chi
ha avuto modo di studiarlo, anche attraverso testimonianze che mi auguro
possano trovare spazio in una eventuale continuazione del dibattito, anche
per fare ulteriore giustizia di frettolosi giudizi.
3. La tesi di fondo del Lovatti, "il libro è caratterizzato da un
viscerale anticomunismo", è chiaramente pretestuosa; oltre alla
gravità di attribuire agli autori affermazioni che non sono loro, ma che
rappresentano solo una valutazione storica. (vedi p. 26/27, sulla
questione del "doppio gioco" comunista), il Lovatti confonde la
storia del tempo con le idee degli autori. Posso comprendere che tale
storia non gli piaccia troppo, ma non per questo egli ha il diritto di
travisare i contenuti del libro, ritenendo vera la "sua" storia
(di cui non ci fornisce né fonti, né documenti).
4. In merito ai giudizi che il Lovatti dà sugli autori del libro e sulla
dialettica del Movimento aclista bresciano, essi si qualificano frutto di
una galoppante fantasia. Per quanto riguarda le valutazioni politiche
sugli autori, definiti dal Lovatti "incontestabilmente e
obiettivamente moderati e conservatori", faccio presente che lo
stesso carattere politico dei giudizi gli fa evidentemente perdere ogni
pretesa di oggettività. Quanto alle vicende interne alle ACLI bresciane,
al di là di considerazioni generali sulla serietà degli scritti del
Lovatti, è sufficiente far notare qui che l'ipotetica "aggregazione
minoritaria" che gli autori rappresenterebbero nelle ACLI (con tutti
quei "foschi connotati") è invece maggioranza, ritrovandosi
pienamente nelle posizioni assunte dal Movimento e ricoprendo, alcuni
degli autori, cariche nella Presidenza Provinciale.
Credo proprio che non basteranno i furori polemici e le false
argomentazioni del Lovatti far cambiare indirizzo politico alle ACLI
bresciane, e a impedire che il nostro libro venga giudicato per quel che
vuol essere.
Renzo Fracassi
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