L'articolo di Maurilio Lovatti sul
testo "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana" ha
provocato l'intervento di due degli autori del libro. Pubblichiamo
integralmente quanto ci è pervenuto, con una nota dell'estensore
dell'articolo.
Da parte nostra precisiamo che, ovviamente, le opinioni espresse in un
articolo che compare su di un giornale appartengono, nella loro
analiticità, a chi firma l'articolo. Compito del giornale è di garantire
che il discorso, nella sua prospettiva generale, rientri nei fini che il
giornale si propone. Nel nostro caso. l'informazione, la valutazione, il
dibattito su un argomento che consideriamo di notevole rilievo.
Non è dunque questione di sapere che cosa si pensi in redazione sui
singoli "giudizi", ma di valutare se il giornale ha risposto al
compito che si è prefisso.
Sono uno degli autori del volume "I lavoratori
cattolici nella vita politica bresciana" che il vostro collaboratore
Maurilio Lovatti ha recensito (si fa per dire) nel numero del 25/1/77 del
vostro quotidiano.
Riservandomi una più ampia replica al Lovatti in altra sede, mi basta qui
fare anzitutto una precisazione. Il L. afferma che nel libro "le
lotte dei lavoratori sono scrupolosamente ignorate". Affermazione
priva di fondamento per qualunque non prevenuto lettore del libro. E' vero
invece che, di proposito, abbiamo voluto occuparci soprattutto del ruolo
"politico" dei lavoratori cattolici bresciani, com'è detto, del
resto, ed esplicitamente, nel titolo, e come è ampiamente illustrato nei
capitoli introduttivi. Se avessimo voluto scrivere una storia sindacale,
avremmo dato all'insieme del lavoro un impianto diverso.
Il L. trova anche da ridire sulle affermazioni del libro riguardo al clima
esistente nelle fabbriche negli anni '45-50 e su quello particolare del
luglio 1948. Poiché il L. a quell'epoca aveva ancora dieci o quindici
anni a nascere, dovrebbe dire dove ha trovato delle informazioni da
contrapporre alle nostre che sono fondate o su personali ricordi o su
un'attenta rilettura dei giornali del tempo. Ci serviranno per le future
edizioni del volume.
Il L., nella sua "recensione" esprime anche giudizi politici
sugli autori del volume e sulla dialettica interna al movimento aclista
bresciano. Poiché "Bresciaoggi" non si dissocia da tali
giudizi, né su di essi esprime riserve, si deve pensare che essi son
propri anche della redazione del giornale?
Mario Faini
Sono veramente grato a Bresciaoggi per il
notevolissimo spazio che ha voluto dedicare al libro di "documenti e
appunti per una storia" de "I lavoratori cattolici nella vita
politica bresciana", cui ho potuto contribuire assieme a Bonafini,
Faini, Fracassi e Rivali. Mi spiace, però, che la recensione abbia un
carattere quasi esclusivamente ideologico e non affronti i problemi
storico-politici che i "documenti e appunti" pongono e che non
riguardano solo il ruolo delle Acli ma, più ampiamente, la consistenza
"politica" dei lavoratori cattolici nella storia italiana.
Avere, invece, centrato l'analisi del volume sul ruolo e sulla natura
della DC, può certo giovare a incrementare la polemica interna alle Acli
bresciane, ma non certo alla comprensione di un fenomeno che dovrebbe
allarmare tutti coloro che sono convinti della validità e della
necessità di un movimento di lavoratori cristiani: validità e necessità
sia per l'ulteriore evoluzione del movimento cattolico che per una più
piena maturazione del movimento operaio.
Se il lungo scritto pubblicato da Bresciaoggi avesse avuto meno
prevenzioni di quelle più o meno esplicite che vi si leggono, avrebbe
trovato il modo di dedicare meno spazio a questioni che non sono oggetto
di una "storia politica" e di riservare almeno qualche riga alla
non breve introduzione con cui il libro si apre. Il fatto che quella parte
iniziale sia stata trascurata mi dice che si sono voluti leggere i
documenti e gli appunti successivi secondo criteri che non possono essere
che distorcenti della realtà, riuscendo così a eludere il problema di
fondo del nostro lavoro: perché i lavoratori cattolici non hanno mai
avuto storia se non con l'inizio delle Acli? E ancora: perché anche i
primi anni di questa storia sono tanto intrecciati con fatti e avvenimenti
che appartengono direttamente alla vita di un partito politico?
Devo ammettere che, rispetto a questi problemi, la recensione di
Bresciaoggi può servire soltanto a richiamare qualche attenzione in più
sul libro. Ma, sinceramente, da una recensione così lunga (anche se così
univoca) era lecito aspettarsi qualcosa di più.
Pietro Segala
Le due lettere rendono opportune
alcune precisazioni. Il rilievo dell'amico Segala, che lamenta sia stata
tralasciata l'introduzione al volume, non è privo di fondamento. Ma nel
recensire un libro di oltre 200 pagine purtroppo è necessario operare
delle scelte e limitarsi a citare, riassumere e commentare quelle parti
che si ritengono più significative. Ovviamente si tratta di scelte
inevitabilmente soggettive e opinabili, ma che, in questo caso, considero
fondate.
Nonostante le argomentazioni di Faini, ritengo che ogni lettore possa
rendersi agevolmente conto di come, nel libro, siano sostanzialmente
trascurate le lotte dei lavoratori e il ruolo positivo svolto dal
sindacato unitario. Come sottolineavo nella recensione, e come Faini
conferma, ciò non è dovuto a dimenticanza. E' una ben precisa scelta per
giustificare la scissione sindacale. Va inoltre notato come gli autori,
nelle loro lettere, si siano significativamente astenuti dal criticare la
tesi fondamentale che sostenevo nella mia recensione e cioè che lo
scritto è caratterizzato da un viscerale anticomunismo. Se ne deduce,
ovviamente, che gli autori condividono tale valutazione.
Infine l'accusa che mi rivolge l'amico Segala di "incrementare la
polemica interna alle Acli bresciane". Innanzitutto la dialettica
interna alle Acli è caratterizzata da un sereno e costruttivo confronto e
non già da polemiche, che servono solo a indebolire l'organizzazione.
C'è, è vero, qualcuno che tenta di snaturare il dialogo in polemica, ma
sono certo che la stragrande maggioranza degli aclisti è d'accordo con me
nel rifiutare tale strada. Tengo comunque a precisare che le valutazioni
politiche sugli autori - peraltro obiettive e incontestabili - avevano
esclusivamente il fine di consentire al lettore non aclista una più
completa comprensione del libro. Ciò in sintonia col principio,
fondamentale, che insegna a non valutare mai un libro prescindendo dalla
collocazione dei suoi autori. Nessun fine polemico, quindi. Anche perché
le Acli sono un'organizzazione pluralista e altamente democratica che non
solo consente, ma anzi stimola e promuove il dialogo ed il confronto
interno. Non vedo perché trasferire altrove questo confronto.
Mi auguro che la mia recensione sia servita comunque ad attirare
l'interesse su questo libro che, se pur non persuasivo e basato su
presupposti politici per me inaccettabili, è l'unico di tale genere e
merita quindi di essere conosciuto.
m.l.
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